🗳️ La Brexit si farà (e si fece)
La decisione era irreversibile. Nonostante i pentiti, le promesse smentite e le quattro milioni di firme raccolte, il Regno Unito ha imboccato la strada dell’uscita. E non poteva certo dire “ops, scherzavamo” e tornare indietro come se nulla fosse. La politica estera non è un videogioco con il tasto “annulla”.
I rapporti con l’Unione Europea erano a pezzi, la diplomazia in frantumi, e il governo May parlava di “hard Brexit” come se fosse un piano. In realtà, non c’era nessun piano. Solo slogan, promesse e un Paese diviso a metà.
💸 I lavoratori e il grande abbaglio
Tra i più delusi dalla Brexit ci sono stati proprio loro: i lavoratori non specializzati. Quelli che si erano convinti che “gli stranieri rubano il lavoro” e che uscire dall’UE avrebbe significato più occupazione, più soldi, più dignità. Invece, le vere conseguenze della Brexit per i lavoratori sono state ben diverse: meno tutele, contratti più instabili e un mercato del lavoro sempre più polarizzato.
Il governo, nel tentativo di arginare il fuggi fuggi delle multinazionali, ha pensato bene di abbassare le tasse alle corporation. Risultato? I “gentisti” hanno finito per fare un favore proprio a quei ricchi che tanto odiavano. E mentre le banche lasciavano Londra, loro si ritrovavano a fare i conti con la precarietà. La Brexit, anziché ridurre le disuguaglianze sociali, le ha amplificate. Altro che “riprendersi il controllo”: si sono ritrovati con meno potere e più incertezza.
🧭 Il Regno Unito cercava una via d’uscita… dalla sua stessa uscita
Nel 2017–2019, il Regno Unito cercava di rendere l’uscita “il meno brusca possibile”. Tradotto: cercava di salvare il salvabile. Ma il danno era fatto. La Scozia minacciava l’indipendenza, l’Irlanda del Nord guardava a Dublino, e l’economia arrancava.
Il tutto veniva giustificato con la solita frase: “è la democrazia”. Certo. Ma anche la democrazia ha bisogno di elettori informati, non di scimmie ammaestrate davanti a un tabellone con scritto “sovranità”.
🔄 2025: il reset post-Brexit
Oggi, a nove anni dal referendum, il Regno Unito ha firmato un nuovo accordo con l’Unione Europea. Non è un ritorno all’UE, ma è qualcosa che ci somiglia molto: un riavvicinamento strategico, pragmatico, inevitabile. Questo nuovo partenariato post-Brexit — ribattezzato da molti come il reset Brexit 2025 — segna la fine della fase ideologica e l’inizio di una fase più concreta, fatta di compromessi e cooperazione.
L’accordo UK–UE 2025 prevede una serie di misure che riportano Londra dentro molte dinamiche europee, pur restando formalmente fuori:
In materia di difesa e sicurezza, il Regno Unito parteciperà al fondo europeo Rearm da 150 miliardi.
Per la mobilità giovanile, sono stati introdotti visti agevolati di quattro anni per gli under 30.
Sul fronte commerciale, è stata concordata la rimozione dell’80% dei controlli doganali su prodotti agroalimentari.
In ambito marittimo, è stato esteso l’accesso reciproco alle acque territoriali fino al 2038.
E per energia e cybersicurezza, si parla ora di cooperazione rafforzata e standard condivisi.
Il premier Keir Starmer ha definito questo nuovo assetto “la fine della Brexit ideologica”. E in effetti, dopo anni di slogan, bandiere e proclami, il Regno Unito è tornato a bussare a Bruxelles. In silenzio. Con il cappello in mano.
🧠 Conclusione: la Brexit non è finita, è solo cambiata forma
La Brexit non è stata un errore isolato. È stata una lezione collettiva. E come tutte le lezioni, è costata cara. Chi gridava “fuori subito!” oggi si ritrova a negoziare ogni singolo dettaglio. Chi prometteva ricchezza ha lasciato un Paese più povero, più diviso, più incerto.
Ma almeno ora, nel 2025, si è tornati a parlare di cooperazione. Non è un ritorno all’UE. Ma è un ritorno alla realtà.
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❓ Domande frequenti
Il Regno Unito è tornato nell’Unione Europea? No. Ma ha firmato un nuovo accordo di cooperazione che segna un riavvicinamento strategico.
Cosa prevede il reset Brexit del 2025? Difesa comune, mobilità giovanile, commercio semplificato, accesso alle acque e cooperazione energetica.
Le promesse fatte nel 2016 sono state mantenute? In larga parte no. Il Regno Unito ha dovuto rinegoziare quasi tutto ciò che aveva abbandonato.