Era vittima di violenza domestica ma viene colpevolizzata
Era parecchio che non scrivevo, però questa aberrazione che mi è stata portata all'attenzione dal buon amico Angelo non poteva rimanere in sordina.
Ebbene, come da titolo: vittima di violenza domestica ma viene colpevolizzata e, con il ricatto dell'allontanamento della figlia, costretta a subire lavaggio del cervello per "imparare a non essere violenta". Già solo dire questo è tutto, e già qualcuno si starà chiedendo come è possibile che nessuno abbia protestato a questo crimine contro l'umanità, visto che definirla ingiustizia è riduttivo?
Semplice: la vittima è un uomo.
La storia è raccontata in un "articolo" di GQ in cui l'uomo viene descritto ovviamente come violento "inconsapevole di esserlo" e di come il lavaggio del cervello attuato in un CAM (centro ascolto uomini maltrattanti, non maltrattati ci tengo a sottolineare) lo abbia trasformato in un "uomo migliore". L'incantesimo però si spezza quando, nell'intervista, fra le righe propagandistiche si legge chiaro e tondo chi era la vittima di violenza in realtà:
Alla domanda "cosa causava la violenza" lui risponde: "La violenza era causata da grandissime pressioni e stress a livello di
coppia, quindi problemi economici e di relazione. Ero sempre fuori casa
per lavoro e non riuscivo a sopportare il fatto di non trovare la cena
pronta al rientro e il disordine in casa."
Ok, esiste quella simpatica cosa chiamata aiutare in casa, se lui lavorava tutto il giorno lei che faceva?
Immaginatevi la cosa a parti inverse, cioè lui che non muove un dito in casa e fuori. Ah giusto, non c'è bisogno di immaginarlo, è mascolinità tossica non aiutare in casa e non lavorare, un fallito, un mantenuto. Ma se lo fa una lei va tutto benissimo, guai a fiatare.
"Il mio lavoro mi portava a essere lontano da casa. Mi sentivo assente
per la famiglia. Lei mi colpevolizzava. Era uno dei tasselli che creava
il disagio tra noi, che portava alla colluttazione prima verbalmente poi
fisicamente"
Quindi lei se la prendeva con lui perché il suo modo di portare il pane a casa prendeva troppo tempo. Che doveva fare? Lasciare che tutti morissero di fame?
Altra domanda: in che modo è stato violento?
"Mi sono messo sempre sulla difensiva, spesso mi sentivo attaccato, mi
diceva che c’erano da fare le visite alla bambina, mi accusava di non
esserci mai e io mi difendevo."
Non è che si sentisse attaccato, ERA attaccato, probabilmente in continuazione. Ricordiamoci che questo racconto è stato edulcorato e mistificato in modo da colpevolizzare la vittima, lo stesso che racconta si è subito un bel lavaggio del cervello, figuriamoci come sarebbe altrimenti.
"La violenza fisica è scattata quando lei mi ha detto: “Non ti amo più”.
Non ci potevo credere. Ho fermato la macchina, le ho tirato un
pizzicotto e l’ho scaricata dall’auto. Lei era incinta. Le dissi
“Scendi!”. Lei voleva essere riaccompagnata a casa, così ho aperto lo
sportello e l'ho spinta fuori dall’auto. Era pomeriggio, verso le 17, me
ne andai"
Violenza fisica un pizzicotto. Un pizzicotto! Non oso immaginare come definirebbero la vera violenza...
"Credo che arrivai a pensare: “Con questa ragazza ci devo stare tutta la vita, mi rende padre e mi sta lasciando?”. Era una frustrazione interna che mi portò a offuscarmi la vista, non ci capivo più nulla. Tornavo la sera stanco, mi fermavo a casa dai miei genitori, poi tornavo da lei che mi diceva: “Da tuo babbo e tua mamma non ti devi fermare, devi tornare qui a fare la doccia!” e io “sbottavo”, sbattevo per esempio i pugni sul tavolo. Entravo in escalation: partiva la litigata e la mia violenza"
Altra violenza: il controllo totale sulla sua vita. Dai tuoi genitori non ci devi andare!
Di nuovo, immaginate la scena a parti invertite. Ecco, è violenza psicologica quindi violenza domestica.
Però oh, lui dopo che subiva questi ordini perentori a danno della sua vita privata e psicologica (i genitori mi pare siano ancora importanti per tutti fino a prova contraria) ha sbattuto i pugni forte forte sul tavolo! Violentoh!!11!!
Domandano che sensazioni ed emozioni aveva quando era violento:
"Era una cosa brutta, all’inizio non te ne rendi conto. Avevo quei 20-30
secondi in cui perdevo le staffe e le dicevo “Io ti ammazzo”. Poi mi
dicevo: “Ma che ca**o stai facendo?”. A quei tempi non mettevo in atto
tutte le strategie di gestione di quello che sentivo. Cercavo
semplicemente di mettermi al tavolo, con le mani sulla faccia, per
calmarmi. Ma si ripartiva e io perdevo le staffe"
Ma si ripartiva e io perdevo le staffe. Questa frase dice molto, dice parecchio.
Certo lui perdeva le staffe, ma lei lo provocava, gli impediva di avere un minimo di libertà. Molto spesso la violenza domestica è in entrambi i sensi: uno fa violenza all'altra e viceversa. Possiamo anche dire da dove è iniziato il tutto.
"Non sentivo riconosciuto da lei il mio ruolo, il mio impegno soprattutto come lavoratore. Il mio amore verso di lei era esagerato. Mi rendo conto adesso che mi stavo autodistruggendo per la famiglia. Se mi svegliavo alle 5.40 di mattina per andare a lavorare era per entrambi. Per le spese, per i viaggi, potevo e avevo la capacità di poterlo fare, la mia responsabilità in quel caso, tutta la mia vita, era rivolta solo ed esclusivamente al nostro rapporto. Dai miei genitori andavo una volta al mese, avevo chiuso i rapporti con tutti, mi stavo isolando. Facevo quello che voleva lei, perché pensavo fosse il bene della famiglia, ma in realtà mi demoralizzavo, mi facevo male e senza accorgermene facevo del male anche a lei»"
Cosa dicono tutti quando il marito annulla la volontà della moglie e le impedisce di vedere perfino i familiari? Si, violenza. Perché quindi se è un uomo a subirla è comunque lei la vittima?
Adesso c'è da ridere parecchio, leggete la domanda.
"Cosa invece ha fatto scattare la presa di consapevolezza che era
necessario smettere e invertire la rotta? C'è stato un episodio/un
momento che le ha fatto dire: “Ora è il momento di farmi aiutare”?"
Per "farti aiutare" mica intendevano che venisse aiutato ad uscire dalla vita tossica di coppia, no no era lui il problema e doveva cambiare! Ma il bello è la risposta:
"Un episodio di quattro anni fa. Stavamo litigando verbalmente, gridavamo e la bimba piangeva. Era piccola. Io mi allontanai e mi dissi: “Se continuo così, succede un casino”. Poi venne il Maresciallo che mi disse: “Torna a casa, è abbandono di tetto coniugale”. Fui quasi costretto a tornare. Io però non volevo tornare, era finito tutto. Era vuoto, c’era silenzio. Di solito lei alle 21 andava a letto con la bambina e io dovevo fare tutto: rimettere a posto la cucina, pulire il bagno, caricare la lavatrice, dopo una giornata di lavoro. Poi quando andavo a letto, lei mi diceva: “Vai sul divano”. Non era vita"
Allora ricapitoliamo: lui lavora come un mulo tutto il giorno per portare il pane a casa, la moglie lo svilisce e accusa di non esserci ma con il piffero che cerca di aiutarlo in qualche modo. Anzi gli impedisce di vedere amici e familiari e gli lascia da fare tutte le faccende domestiche la notte mentre lei se la dorme. Ciliegina sulla torta non poteva nemmeno dormire sul letto ma veniva spedito sul divano come un barbone a fracassarsi ulteriormente la schiena. Non appena lui prova ad allontanarsi dall'ambiente domestico tossico le forze dell'ordine lo forzano a tornare ad essere sfruttato e maltrattato.
Come si fa a definire LUI violento? Perché reagiva alla violenza? Chi non perderebbe le staffe se continuamente sfruttato, svilito, respinto, frustrato e solo come un cane.
"Tramite chi ha conosciuto il Centro Aiuto Uomini Maltrattanti?
«Dopo sei mesi che non vedevo la bambina, o comunque la vedevo a casa dei nonni “con gli occhi puntati addosso” per pochi minuti e poi venivo via, mi dissi che avevo bisogno di trovare il modo di trascorrere più tempo con lei."
Pure l'alienazione parentale!
"Con l’assistente sociale fu un incontro pacato. Lei mi consigliò di
venire al CAM (Centro Ascolto Uomini Maltrattanti). Fece leva sulla
denuncia e l’attivazione del Codice Rosa a seguito dell’episodio
dell’auto. Mi disse che rischiavo moltissimo"
Eh già, un pizzicotto è il crimine peggio!
La conclusione del "articolo" la lascio leggere a voi, mi viene il voltastomaco a leggere certe mistificazioni istigante all'odio di genere.
Immaginate se qualcuno vomitasse una roba simile a riguardo una donna maltrattata dal marito nello stesso identico modo. Bisogna immaginarlo perché nessuno si sognerebbe mai di colpevolizzare in questo modo la vittima, pena linciaggi, licenziamenti e distruzione totale della persona che si azzarda a farlo.
Però in questo caso la vittima è un maskio bianko etero cis quindi va tutto bene.
Poi si stupiscono che i giovani non vogliono più sposarsi...