🧠 Quando la vittima è un uomo: il racconto che ribalta la narrazione
Il protagonista è un uomo che, dopo anni di relazione tossica, si è ritrovato accusato di violenza domestica e indirizzato a un Centro Ascolto Uomini Maltrattanti (CAM). Ma leggendo attentamente la sua testimonianza, emerge un quadro ben diverso da quello di un aggressore.
“Mi sentivo attaccato in continuazione. Lei mi accusava di non esserci mai, mi impediva di vedere i miei genitori, mi diceva come dovevo comportarmi anche dopo giornate di lavoro massacranti.”
L’uomo racconta di essere stato isolato dai suoi affetti, di aver annullato la propria vita sociale, e di essere stato svalutato costantemente. Nonostante fosse il principale lavoratore della famiglia, veniva accusato di non fare abbastanza. La sua libertà personale era ridotta al minimo, e ogni tentativo di difendersi veniva interpretato come aggressività.
⚠️ Il gesto contestato: un pizzicotto e una lite in auto
Il punto di rottura è arrivato durante una discussione in auto. La compagna, incinta, gli comunica di voler porre fine alla relazione. Lui reagisce con un gesto impulsivo: un pizzicotto e la richiesta di scendere dall’auto. Questo episodio viene classificato come violenza fisica, e da lì parte l’intervento delle autorità.
“Mi dissero che rischiavo moltissimo. L’assistente sociale mi consigliò di andare al CAM. Era l’unico modo per rivedere mia figlia.”
L’uomo accetta, sotto pressione, un percorso di “rieducazione” per poter mantenere un minimo di rapporto con la figlia. Ma la sua esperienza nel centro è tutt’altro che liberatoria: si sente colpevolizzato, etichettato, e costretto a riconoscere una violenza che — secondo il suo racconto — non era unilaterale.
🧩 Violenza psicologica e controllo: quando il sistema non ascolta
Molti elementi del racconto rientrano nella definizione di violenza psicologica:
Divieto di vedere amici e familiari
Svalutazione costante del ruolo di partner e genitore
Imposizione di regole rigide nella vita quotidiana
Isolamento e senso di colpa
“Mi svegliavo alle 5:40 per lavorare, tornavo la sera e dovevo fare tutto: cucina, bagno, lavatrice. Poi lei andava a dormire e io sul divano.”
Questa dinamica, se vissuta da una donna, verrebbe giustamente riconosciuta come abuso. Ma quando a raccontarla è un uomo, spesso viene minimizzata o ignorata.
⚖️ CAM: rieducazione o colpevolizzazione?
I Centri Ascolto Uomini Maltrattanti nascono con l’obiettivo di aiutare gli uomini a riconoscere e modificare comportamenti violenti. Ma cosa succede quando un uomo finisce lì non perché ha agito violenza, ma perché ha reagito a una situazione di abuso?
“Non volevo più tornare a casa. Era finito tutto. Ma il maresciallo mi disse che era abbandono del tetto coniugale.”
Il racconto solleva interrogativi profondi: quanto è equo il sistema di valutazione delle dinamiche familiari? E cosa succede quando la violenza è reciproca, o quando la vittima è un uomo?
📌 Conclusione: serve un approccio più equo e realistico
La storia di quest’uomo non è un’eccezione. Sempre più spesso emergono testimonianze di uomini che subiscono violenza psicologica, alienazione parentale, e controllo emotivo. Ma il sistema — dalla giustizia ai servizi sociali — fatica a riconoscerli come vittime.
Riconoscere che la violenza domestica può colpire chiunque, indipendentemente dal genere, non significa negare la violenza contro le donne. Significa difendere la verità, la giustizia e la dignità di ogni persona.
Ultimo aggiornamento: Luglio 2025