Tsu: il social che prometteva guadagni e ha venduto solo illusioni
Ultimo aggiornamento: Luglio 2025
Alcuni si sono strappati le vesti in favore di Tsu, il novello Robin Hood digitale che prometteva di pagare gli utenti per postare, in contrapposizione al cattivissimo e avidissimo Facebook. Ma chiunque abbia lavorato — anche solo marginalmente — nel mondo del web marketing sa che le cose stavano in modo molto, ma molto diverso.
“Tsu.co pagava il 90% dei guadagni agli utenti!” — Sì, ma quali guadagni?
Teoricamente, Tsu girava il 90% degli introiti pubblicitari agli utenti. Ma se con 1000 visualizzazioni incassavi 4 centesimi di dollaro, significa che il post ha generato circa 10 centesimi in totale. Di questi, il 45% andava a te, il resto ai referral. Quindi la piattaforma incassava 1 centesimo ogni mille views. Un modello insostenibile, che non poteva reggere nemmeno con un traffico elevato. Una spiegazione più approfondita in questo articolo.
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Guadagni occulti e monetizzazione invisibile: Tsu non viveva di banner
Tsu non guadagnava davvero con quei due banner Adsense messi alla carlona, fissi e statici, che non si aggiornavano nemmeno quando scorrevano decine di post. Pensare che un social network potesse sostenersi con un CPM da centesimi è una favola per allocchi. Eppure c’era chi lo dipingeva come il Robin Hood digitale, mentre in realtà non distribuiva nulla di concreto — se non illusioni.
La verità è che Tsu aveva ben altri metodi di monetizzazione, di cui non parlava apertamente e che non venivano condivisi con gli utenti. Altro che “social che ti paga”: era un social che ti raccoglieva, ti profilava e ti rivendeva.
Il vero business: dati e email profilate
Ogni utente era un profilo vendibile, e ogni indirizzo email un asset commerciale. Nel mercato del data brokering e dell’email marketing, una lista di 1000 email profilate (con interessi, abitudini e settore di riferimento) può valere da 50€ fino a 500€, a seconda della qualità e della segmentazione.
E parliamo di pesci piccoli. Tsu aveva accumulato oltre 5 milioni di account: anche ipotizzando una monetizzazione minima di 0,20€ per email, si parla di oltre 1 milione di euro solo in dati. E questo senza contare:
email marketing diretto (DEM) a utenti ignari
vendita di liste a terzi per campagne pubblicitarie
profilazione comportamentale per rivendita a piattaforme di advertising
Facebook vs Tsu: il confronto che non regge
Facebook guadagna dalla pubblicità, sì — ma gestisce un circuito interno e offre un servizio reale Nessuno dividerebbe i propri introiti con piattaforme esterne. Tsu invece si affidava ad Adsense, senza nemmeno un refresh dinamico dei banner quindi con pochissime impression dei banner e dividendo gli introiti con loro. E mentre Facebook investe miliardi in infrastrutture e UX, Tsu sembrava un sito improvvisato, senza chat, senza HTTPS iniziale, e con un’interfaccia da template gratuito.
Sono tutti chiarissimi campanelli di allarme.
Robin Hood ma che mette limiti ai post: il trucco dei referal
Tsu imponeva limiti al numero di post giornalieri. Perché? Perché se tutti potessero guadagnare solo postando, il sistema piramidale dei referral si sarebbe sgretolato non essendo incentivati a coinvolgere altri. Il vero obiettivo era spingere gli utenti a reclutare altri utenti, non a creare contenuti.E questi dati vengono venduti a caro prezzo come ho elencato nel paragrafo precedente.
Tsu era una promessa vuota
Tsu si è presentato come il social network che paga davvero, ma si è rivelato un modello piramidale mascherato, con guadagni fittizi e monetizzazione occulta. La sua chiusura nel 2016 ha confermato ciò che molti — me compreso — avevano previsto: una perdita di tempo mascherata da rivoluzione digitale.
Considerazioni personali
Io l’avevo detto: non era sostenibile, non era trasparente, e non era nemmeno originale. Il modello era una trappola per utenti ingenui, attirati da promesse di guadagno che si traducevano in numeri sterili e non riscattabili. E mentre gli utenti aspettavano di incassare qualche centesimo, Tsu incassava dati e vendite reali.
Approfondimenti:
Monetizzando: articolo che spiega come guadagnare con l'email marketing