Freebooting e furto creativo: il trionfo dell’imbecille nel web 2.0

C’era un tempo in cui la visibilità si guadagnava con la creatività. Oggi, invece, basta aprire una pagina, saccheggiare meme altrui e guadagnare fama non per meriti, ma per appropriazione. Si chiama freebooting, ma quando tutto è iniziato non c’era nemmeno un nome — solo indignazione e silenzio.

🚫 La disonestà digitale: quando il furto non è punito

Ciò che più colpisce non è il plagio in sé, ma l’assenza di un guadagno reale. Alcuni non monetizzano, non vendono, non creano: rubano contenuti e li spacciano come propri per l’unico fine di generare like, reazioni e, soprattutto, autostima virtuale. Ma se si è disposti a derubare gli altri senza alcun beneficio tangibile, cosa sarebbero capaci di fare se ci fosse un guadagno vero?

La mancanza di coscienza non è “non lo devo fare perché è sbagliato”, ma “non lo devo fare altrimenti mi puniscono”. E nel web, dove la punizione è rarefatta, i furti d’ingegno sono routine.


Fotografia di un uomo che sorride e fa pollice su

📱 Il culto della visibilità senza talento

Nel tempo del Grande Fratello, essere famosi è diventato un fine, non più una conseguenza. Si sgomita per un posto sotto i riflettori, ma non per meriti — per scorciatoie. Pagine Facebook, profili Instagram, canali YouTube: spazi personali basati interamente sul materiale altrui. Meme rubati, battute copiate, fumetti estrapolati e foto ricaricate. Tutto questo non è solo mancanza di talento: è una forma di narcisismo inefficiente, dove il mediocre si appropria del valore del capace.

🔹 E chi crea, spesso rimane invisibile.

🎯 Collaborare non costa nulla

La parte più paradossale? Citare le fonti è gratuito — e nobilitante. Quando il tuo testo viene citato da chi lo ha letto, usato, condiviso, la soddisfazione è doppia: si viene valorizzati, si costruisce rete e si promuove il pensiero. Come è successo con il post sulle “iene maremmane”: missione scienza, BUTAC, David Puente — tutti citati e citanti con correttezza e intelligenza.

Chi invece copia in silenzio, cancella watermark, taglia credits e finge originalità... sta solo cercando un applauso vuoto. E a lungo andare, rimane esattamente quello: vuoto.

🧨 Il furto come regola: una cultura da scardinare

Siamo onesti: se nel web il furto digitale non comporta rischi, l’unico limite è morale. E la morale, nei social, è spesso inversamente proporzionale alla fame di like.

La disonestà non nasce per caso. È un riflesso culturale, una risposta automatica alla logica della viralità. E chi ruba perché "tanto nessuno se ne accorge", prima o poi finisce per credere che la notorietà valga più della dignità.

✏️ TL;DR

Il freebooter è il parassita del web moderno: incapace, privo di ingegno, ossessionato dalla visibilità ma refrattario alla creazione. E finché la gente premierà chi ruba invece di chi crea, il trionfo dell’imbecille sarà completo.

Per approfondire sul furto di lavoro altrui: "Il furto travestito da reaction: il caso Klein e i video guardati in silenzio"


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Fabrizio Leone
Blogger da oltre 15 anni, faccio del mio meglio per diffondere fatti e non fallacie logiche o punti di vista polarizzati e distorti. In Sociologia i media sono definiti "il quarto potere" e a ben donde: le notizie plasmano l'opinione pubblica e molti abusano di questa dinamica.