Rosario Muniz ha "recitato" in un film

Chi conosce il personaggio di Rosario Muniz sa già cosa aspettarsi: situazioni estreme, auto-umiliazione mediatica, un gusto per l'eccesso che supera ogni soglia di decenza. Se non lo conosci, il suo motto, volutamente provocatorio e diventato virale nel circuito trash, è: “Dottore, ho la f*** nel c***”. E no, non è una battuta — è il manifesto di un tipo di contenuto che prospera proprio perché infrange ogni regola del buon gusto.

Il film, l’umiliazione e la (presunta) carriera

Il regista Andy Casanova, noto nel circuito porno, ha scelto Muniz come protagonista di una pellicola che sembra costruita per concentrare il massimo grado di umiliazione spettacolarizzata in un’unica ora. 

Muniz appare con indumenti grotteschi, viene fustigato, esibito in pose degradanti (te lo lascio immaginare visto di che tipo di pellicola si parla), "parodiato" con oggetti sessualmente allusivi e umiliato fino alla scena finale con strumenti non consoni (non serve molta fantasia nemmeno qui) — talmente surreale che rischia di superare persino i suoi video autoprodotti e che forse è meglio non descrivere.

Tutto finto, tutto parodia, ma l'umiliazione a cui si è sottoposto rimane però tristemente reale.

Immagine di Rosario Muniz risalente al 2015
Già solo questa foto dice tutto...

Non è cinema. Non è nemmeno soft trash. È la rappresentazione visiva della degradazione messa in scena volontariamente. E ci si domanda: per quale compenso si è prestato a tutto questo? La risposta è un mistero — come il motivo per cui continua ad alzare la posta nell’umiliazione pubblica.

Il personaggio e la spettacolarizzazione del degrado

Muniz non è un caso isolato: è parte di una dinamica mediatica in cui il trash spinto genera click, ricerche e interazioni. Paradossalmente, contenuti come questo risultano più ricercati di articoli seri, informativi o editoriali — perché rispondono al gusto per l'orrido, ad un intrattenimento estremo.

Il degrado “cercato” è più performante del contenuto ragionato. E questo dovrebbe farci riflettere: il pubblico non sempre vuole qualità. A volte cerca solo eccesso, provocazione, qualcosa da condividere come “shock”.

Conclusione: evitare o analizzare?

Chi guarda Rosario Muniz non sta cercando arte — sta cercando adrenalina da repulsione. Ma questo non significa che non si possa analizzare il fenomeno con occhio critico. Escluderlo dai radar non lo cancella. Raccontarlo invece può essere un modo per mettere in luce la responsabilità dell’utente, dell’algoritmo e dell’ecosistema digitale che premia l’umiliazione come forma d’intrattenimento.

Per approfondimenti sul personaggio: Rosario Muniz: Trash raccapricciante

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Fabrizio Leone
Blogger da oltre 15 anni, faccio del mio meglio per diffondere fatti e non fallacie logiche o punti di vista polarizzati e distorti. In Sociologia i media sono definiti "il quarto potere" e a ben donde: le notizie plasmano l'opinione pubblica e molti abusano di questa dinamica.