Il "Grievance Studies Affair": un esperimento sulle riviste accademiche e la crisi della peer review
Nel 2017, tre studiosi—Peter Boghossian, James Lindsay e Helen Pluckrose—hanno avviato un esperimento che avrebbe scosso il mondo accademico.
Il loro obiettivo? Testare la solidità e l’affidabilità delle riviste specializzate nei campi dei gender studies, cultural studies, race studies e fat acceptance.
Il progetto, noto come "Grievance Studies Affair", consisteva nell'invio di articoli deliberatamente assurdi, privi di basi scientifiche, per verificare fino a che punto potessero essere accettati e pubblicati.
L’esperimento ha generato un acceso dibattito, sollevando interrogativi sulle dinamiche editoriali, sulle metodologie di revisione e sul ruolo dell’ideologia nella ricerca accademica.
Obiettivo dell’esperimento: ideologia vs. metodo scientifico
L’idea alla base dello studio era quella di dimostrare una presunta debolezza metodologica in certi ambiti accademici. Secondo gli autori dell’esperimento, la conferma ideologica avrebbe avuto più peso della rigorosa analisi scientifica nella pubblicazione degli articoli.
Come risultato:
Alcuni articoli furono accettati e pubblicati,
Altri vennero sottoposti a revisione,
Alcuni furono rifiutati, ma le risposte delle riviste dimostrarono una curiosa elasticità nei criteri di valutazione.
Gli articoli pubblicati: quando l’assurdo diventa accademico
Fra i paper accettati, alcuni titoli erano talmente estremi e provocatori da sollevare dubbi sulla serietà delle riviste coinvolte.
Esempi particolarmente surreali includevano:
Uno studio sulla "cultura dello stupro tra i cani",
La creazione di una categoria di bodybuilder sovrappeso,
La pubblicazione di questi lavori ha portato alcuni ad denunciare l’eccessiva politicizzazione di certe aree di ricerca, mentre altri hanno difeso il sistema, affermando che l’esperimento era una semplice provocazione priva di valore scientifico.
Le conseguenze dell’esperimento: pressioni e controversie
Uno degli effetti più rilevanti dell’esperimento fu la reazione ostile dell’ambiente accademico.
Peter Boghossian fu particolarmente colpito dalle polemiche e subì pressioni fino a lasciare il suo incarico presso l’Università di Portland.
Il dibattito si estese alle modalità di peer review, sollevando il rischio che certi settori accademici favoriscano contenuti ideologici rispetto alla ricerca basata su dati verificabili.
L’esperimento dimostrò quanto sia problematico il processo di pubblicazione scientifica in alcuni ambiti, evidenziando una fragilità metodologica che potrebbe compromettere la credibilità dell’intera comunità accademica.
Critiche e riflessioni sul mondo accademico
Il "Grievance Studies Affair" ha generato due principali fazioni nel dibattito:
Chi ritiene l’esperimento necessario, utile a smascherare le falle del sistema e a sottolineare la necessità di rigore scientifico.
Chi lo considera una provocazione dannosa, un attacco alla ricerca e un tentativo di delegittimare interi campi di studio.
Un aspetto cruciale della vicenda è il ruolo crescente dell’ideologia nella ricerca accademica, che in alcuni casi sembra superare il metodo scientifico nella valutazione delle pubblicazioni.
Conclusione: il futuro della ricerca accademica
Il "Grievance Studies Affair" ha portato alla luce criticità nel processo di peer review, mettendo in discussione l’affidabilità delle riviste accademiche in certi settori.
Se la ricerca vuole mantenere la sua credibilità, è fondamentale che le pubblicazioni siano basate su criteri scientifici rigorosi, piuttosto che sulla conferma di ideologie preconcette.
In un’epoca in cui le informazioni vengono rapidamente politicizzate, forse è il momento di riflettere più attentamente su come vengono valutati i contenuti accademici.