Introduzione: il cambio di rotta della BCE nel 2025
Dopo due anni di rialzi aggressivi, la Banca Centrale Europea ha invertito la rotta: l’11 giugno 2025 ha annunciato un nuovo taglio dei tassi di 25 punti base, portando il tasso sui depositi al 2%, dimezzato rispetto al picco del 4% del 2023. La presidente Christine Lagarde ha dichiarato che “siamo in una buona posizione per navigare l’incertezza”. Ma questa svolta solleva una domanda cruciale: la stretta monetaria ha davvero funzionato? O ha solo aggravato le difficoltà di famiglie e imprese senza risolvere le cause reali dell’inflazione?
Inflazione o agflazione? Una questione di definizione
L’aumento dei prezzi degli ultimi anni è stato spesso attribuito a un’inflazione “classica”, ma molti economisti parlano invece di agflazione: un termine che indica l’aumento dei prezzi causato da speculazioni su beni primari (energia, grano, carburanti), piuttosto che da un eccesso di domanda.
Esempi evidenti:
Gas e carburanti: rincari giustificati dalla guerra in Ucraina, ma spesso amplificati da dinamiche speculative.
Grano e cereali: aumenti sproporzionati rispetto all’effettiva dipendenza dall’import ucraino.
Petrolio: prezzi alla pompa in crescita nonostante il barile ai minimi storici.
In questo contesto, alzare i tassi per “raffreddare i consumi” è una risposta sbagliata a un problema mal diagnosticato.
Grafico: andamento dei tassi BCE 2022–2025
Fonte: Finanza Digitale
Come si vede, dopo una fase di rialzi iniziata nel 2022, la BCE ha iniziato a tagliare i tassi nel 2025, con una riduzione complessiva di oltre 200 punti base in sei mesi.
Gli effetti della stretta monetaria
Famiglie
Mutui più costosi: secondo Qui Finanza, una rata media è passata da oltre 750 € nel 2023 a 601 € dopo il taglio di giugno 2025.
Consumi ridotti: le famiglie hanno tagliato le spese, ma i prezzi non sono scesi in modo proporzionale.
Imprese
Accesso al credito più difficile: i tassi sui finanziamenti alle imprese sono scesi solo nel 2025, dopo mesi di sofferenza.
Investimenti congelati: l’incertezza ha frenato l’innovazione e la crescita.
Stipendi stagnanti, inflazione “fantasma”
Un altro paradosso: i salari reali sono in calo da oltre 30 anni, soprattutto in Italia. Se i redditi non crescono, come possono alimentare l’inflazione? La risposta è che non lo fanno. Eppure, la BCE ha agito come se il problema fosse la domanda interna, ignorando il ruolo della speculazione e dei margini di profitto, in aumento vertiginoso specialmente a seguito di lockdown Covid e la guerra in Ucraina.
Profitti record dal 2020 al 2025: chi ha davvero guadagnato dalla crisi
Dal 2020 a oggi, mentre famiglie e PMI affrontavano pandemia, inflazione e stretta monetaria, alcuni settori industriali hanno registrato aumenti di profitti a doppia o tripla cifra. Non si tratta di un fenomeno uniforme, ma di una crescita concentrata in comparti strategici:
Energia e gas: secondo Confcommercio, tra il 2019 e il 2025 i costi dell’energia elettrica per le imprese italiane sono aumentati del 107%, mentre quelli del gas sono cresciuti del 90,4%. Questo ha generato margini straordinari per i grandi operatori energetici, soprattutto durante la crisi ucraina, quando i prezzi sono saliti ben oltre i costi reali di approvvigionamento.
Industria bellica: il SIPRI ha rilevato che nel 2023 i 100 principali produttori di armi hanno registrato profitti per 598 miliardi di euro, con un incremento del +4,2% rispetto al 2022. Alcune aziende europee e statunitensi hanno visto crescite a doppia cifra grazie alla domanda legata ai conflitti in Ucraina e Gaza.
Big Tech e Intelligenza Artificiale: nel 2025, secondo [Deloitte](fonte interna), l’adozione dell’IA generativa ha aumentato i margini operativi delle grandi aziende italiane tra il +5% e il +15%, con un impatto potenziale sul valore complessivo stimato tra 149 e 446 miliardi di euro. I settori più avvantaggiati sono finanza, energia e manifattura.
Speculazione finanziaria: il Sole 24 ore e PMI.it confermano che i rincari energetici sono stati amplificati da dinamiche speculative, con bollette aumentate del +56,5% rispetto al 2019 per le imprese del terziario. Questo ha favorito i grandi player del mercato, spesso con posizioni dominanti.
Conclusione: una strategia da ripensare
Il taglio dei tassi di giugno 2025 è un’ammissione implicita: la stretta monetaria non ha funzionato. Ha colpito i più vulnerabili, senza intaccare le vere cause dell’aumento dei prezzi. Se l’obiettivo è la stabilità, servono strumenti nuovi: regolazione dei mercati energetici, lotta alla speculazione e politiche redistributive.
Fonti e approfondimenti:
Confcommercio: analisi sul caro energia
Qui Finanza: analisi sul taglio al costo dei mutui Giugno 2025
Finanza Digitale: andamento storico dei tassi di interesse BCE
Banca d'Italia: bollettino economico BCE numero 4 2025
Reuters: incassi record delle case farmaceutiche
Ultimo aggiornamento: Giugno 2025