Irina Vetere: guida in stato di ebbrezza e due vittime dimenticate dai media

Articolo aggiornato nel Luglio 2025
Sabato 30 giugno 2019, sulla Statale 45 alle porte di Piacenza, due giovani — Ergi Skenderi (22 anni) e Xhulio Kaya (20 anni), entrambi di origine albanese — sono stati travolti e uccisi da un’auto mentre camminavano lungo il ciglio della strada dopo una serata al Village, una discoteca molto frequentata. Alla guida della Renault Twingo c’era Irina Vetere, 30 anni, imprenditrice piacentina, risultata positiva all’alcol test con un tasso di 2,44 g/l, quasi cinque volte oltre il limite legale.

🧪 Recidiva e responsabilità

Non era la prima volta. Nel 2018, Vetere era già stata fermata per guida in stato di ebbrezza e aveva scontato un periodo di servizi sociali presso un centro per disabili. Stavolta, però, l’esito è stato tragico. L’impatto è stato talmente violento da sbalzare i corpi a decine di metri di distanza. L’auto è finita fuori strada, distrutta, a oltre 250 metri dal punto dell’investimento.

⚖️ Arresto e sviluppi giudiziari

Dopo l’incidente, Irina Vetere è stata arrestata con l’accusa di omicidio stradale plurimo e condotta presso il carcere femminile di Modena. Il giudice per le indagini preliminari di Piacenza ha convalidato l’arresto, accogliendo la richiesta della Procura. Durante l’interrogatorio, la donna si è avvalsa della facoltà di non rispondere, mentre la difesa ha presentato istanza per i domiciliari — richiesta respinta.

A distanza di anni, non risulta alcuna condanna definitiva. Non è chiaro se il procedimento sia ancora in fase di indagine, se si sia svolto il processo, o se ci siano stati rinvii o archiviazioni. La situazione giudiziaria è sospesa in un limbo burocratico e informativo, privo di aggiornamenti ufficiali e senza esiti visibili. Una condizione che appare ancora più grave se si considera la precedente recidiva della conducente e la gravità del tasso alcolemico: 2,44 g/l, quasi cinque volte il limite consentito.

Il silenzio istituzionale — unito all’assenza di riferimenti giuridici concreti nella narrazione mediatica — solleva domande inquietanti: è accettabile che, dopo una tragedia del genere, non ci sia ancora una risposta certa da parte della giustizia?

Irina Vetere guida in stato di ebbrezza

📰 Il trattamento mediatico: la vera inversione

Fin qui, i fatti. Ma ciò che ha generato indignazione è il modo in cui alcuni media hanno raccontato la vicenda, in particolare un articolo del Corriere della Sera che ha dedicato ampio spazio alla figura della conducente, Irina Vetere: la sua carriera, i suoi studi, il suo impegno civile, persino il suo amore per l’arte. Le vittime? Tre righe. Nessun profilo, nessuna storia, nessuna dignità narrativa.

La narrazione si è concentrata sullo shock emotivo della responsabile, descrivendola come “ricoverata più per lo choc che per i traumi” e sottolineando che “la ferita più grande è nella sua testa e lì resterà per sempre. Presto diventerà rimorso e la tormenterà, le farà male fino all’ultimo dei suoi giorni”.

Il tono è quello di una commiserazione empatica, che sembra quasi voler assolvere moralmente la conducente. Si parla della sua “vita iperattiva”, dei suoi “progetti imprenditoriali”, del suo “impegno per l’ambiente”, del fatto che “non tornerà tanto presto alla sua vita” — come se la tragedia fosse un ostacolo personale, non una responsabilità penale.

Nel frattempo, Ergi Skenderi e Xhulio Kaya, i due ragazzi uccisi, vengono citati solo per nome, età e nazionalità. Nessuna parola sul loro vissuto, sulle famiglie, sulle aspirazioni. Il focus è interamente sulla donna che li ha travolti, con un tasso alcolemico di 2,44 g/l e precedenti per guida in stato di ebbrezza.

Questo ribaltamento narrativo — dove il carnefice diventa protagonista emotivo e le vittime vengono marginalizzate — solleva interrogativi profondi sul ruolo della stampa nel raccontare la giustizia. Quando l’empatia mediatica si sposta su chi ha causato il danno, rischia di normalizzare l’irresponsabilità e di oscurare la sofferenza vera: quella di chi non può più tornare a casa.

🧩 Biografia come attenuante narrativa: un meccanismo editoriale prevedibile

Uno degli aspetti più controversi del trattamento mediatico risiede nella costruzione di una biografia selettiva della conducente, usata quasi come attenuante morale. Irina Vetere viene presentata non come una persona che ha causato due morti, ma come una “figura promettente”: imprenditrice, ambientalista, creativa, con esperienze internazionali e persino un coinvolgimento politico. Il dettaglio della sua candidatura nel 2017, pur marginale (sette voti ottenuti), assume un ruolo simbolico: inserito nel contesto di un articolo di cronaca nera, sembra contribuire a una narrativa di “rispetto sociale” che mitiga il giudizio.

Questo schema non è nuovo. In presenza di soggetti con profilo civile elevato, alcuni articoli tendono ad umanizzarne la responsabilità, spostando il racconto sul piano emotivo, esistenziale, biografico. Quando però la narrazione biografica prende il sopravvento sulla dinamica del crimine, si rischia di alterare la percezione pubblica della responsabilità, trasformando un reato grave in una tragica deviazione personale.

E nel frattempo non ci sono più aggiornamenti sull'andamento giudiziario, come dicevo prima: la mancanza di notizie è dovuta ad una giustizia lentissima oppure alla mancata copertura mediatica? E se fosse mancanza di copertura, visti questi precedenti, non mi stupirebbe fosse una "dimenticanza" piuttosto volontaria.

🕯️ Le vittime: chi erano Ergi e Xhulio

In memoria di Ergi Skenderi e Xhulio Kaya

  • Ergi Skenderi, 22 anni – Originario dell’Albania, lavoratore e appassionato di calcio. Descritto dagli amici come riservato e generoso.
  • Xhulio Kaya, 20 anni – Anche lui albanese, noto nella squadra Royale Fiore per un gol memorabile da metà campo. Solare, sportivo, molto amato nella comunità.

Entrambi avevano trascorso la serata al Village, una discoteca frequentata nei weekend. Stavano tornando a casa a piedi quando sono stati travolti da un’auto guidata in stato di ebbrezza. Sono morti sul colpo.

La comunità albanese di Piacenza si è stretta attorno alle famiglie, organizzando veglie e presidi per chiedere giustizia e ricordare chi erano davvero questi ragazzi: non solo nomi in un trafiletto, ma vite spezzate troppo presto.

🧠 Il problema non è solo giudiziario, ma culturale

Quando la narrazione mediatica umanizza il colpevole e dimentica le vittime, qualcosa si rompe. Non si tratta di negare il dolore di chi ha causato una tragedia, ma di non oscurare chi l’ha subita. Ergi e Xhulio erano giovani, lavoratori, appassionati di calcio. Ma tutto questo è stato ignorato.

📌 Conclusione

Irina Vetere ha ucciso due ragazzi. Non per fatalità, ma per una scelta irresponsabile reiterata. La giustizia farà il suo corso, ma la narrazione deve fare il suo dovere: non confondere il carnefice con la vittima. Perché se la società si commuove per chi ha distrutto, e dimentica chi è stato distrutto, allora il problema è più profondo di quanto sembri.

Fonti e approfondimenti:
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Fabrizio Leone
Blogger da oltre 15 anni, faccio del mio meglio per diffondere fatti e non fallacie logiche o punti di vista polarizzati e distorti. In Sociologia i media sono definiti "il quarto potere" e a ben donde: le notizie plasmano l'opinione pubblica e molti abusano di questa dinamica.