Perché lo sfruttamento rovina l'economia

Lavoro stagionale e crisi economica: il caso Gabicce Mare

Negli ultimi giorni, le dichiarazioni del sindaco di Gabicce Mare sul Reddito di Cittadinanza (RDC) e la difficoltà nel reperire lavoratori stagionali hanno alimentato un acceso dibattito. Secondo il primo cittadino, molti giovani preferirebbero percepire il sussidio piuttosto che accettare impieghi stagionali. Tuttavia, il problema potrebbe essere più complesso e legato alle condizioni di lavoro offerte.

La crisi del 1929 e le similitudini con oggi

Per comprendere le dinamiche economiche attuali, è utile analizzare la crisi del 1929, una delle più gravi della storia. Il problema principale era la mancanza di circolazione del denaro: la disoccupazione causava un calo dei consumi, la riduzione dei consumi portava alla chiusura delle attività, e la chiusura delle attività generava ulteriore disoccupazione.

La soluzione arrivò con gli investimenti statali, che crearono posti di lavoro e distribuirono salari, riattivando l’economia. Oggi, sebbene il contesto sia diverso, esistono similitudini: molti datori di lavoro hanno risorse economiche, ma i lavoratori ricevono compensi troppo bassi per poter contribuire alla crescita economica.


Il problema degli stipendi bassi nel settore turistico

Un esempio concreto riguarda la ristorazione. Durante eventi di grande affluenza, come il Capodanno, un ristorante può generare introiti di 2 milioni di euro. Tuttavia, la distribuzione degli stipendi ai dipendenti può essere minima, con cifre che si aggirano intorno ai 2000 euro totali per una ventina di lavoratori.

Se consideriamo le spese operative, è comprensibile che una parte del guadagno venga reinvestita, ma la percentuale destinata ai salari rimane estremamente bassa. Questo modello economico concentra la ricchezza nelle mani di pochi, impedendo ai lavoratori di avere un potere d’acquisto sufficiente per alimentare l’economia locale.

L’impatto sulla società e i consumi

Stipendi bassi hanno conseguenze dirette sui consumi. I giovani, spesso vittime di precarietà lavorativa, non possono permettersi spese extra come:

  • Uscite al pub o al ristorante

  • Acquisto di una casa o affitto indipendente

  • Acquisto di un’auto nuova

  • Viaggi e turismo

  • Attività culturali e ricreative

Questa riduzione dei consumi influisce negativamente su settori chiave come la ristorazione, il turismo e il commercio, creando un circolo vizioso simile a quello della crisi del 1929.

La reazione degli imprenditori e il problema dello sfruttamento

Di fronte alla diminuzione della clientela, alcuni imprenditori hanno scelto di ridurre ulteriormente i costi del lavoro, aumentando la precarietà e abbassando i salari. Questo approccio, però, non risolve il problema, ma lo aggrava: meno reddito per i lavoratori significa meno consumi, e meno consumi portano a una crisi ancora più profonda.

Contratti precari e legalizzazione dello sfruttamento

Negli ultimi anni, la diffusione di contratti precari ha contribuito a peggiorare la situazione. Contratti a progetto con obiettivi irrealizzabili portano i lavoratori a percepire compensi di 200 euro al mese, invece dei 1200 euro previsti per un impiego standard.

Questa pratica, sebbene legalizzata, ha effetti devastanti sull’economia e sulla qualità della vita dei lavoratori.

Conclusione: una crisi autoalimentata

Il declino economico è lento e inesorabile, e molti si sono ormai abituati a questa situazione. Tuttavia, la responsabilità non può essere attribuita ai lavoratori, ma a un sistema che ha progressivamente abbassato le condizioni di lavoro e le retribuzioni.

Se il settore turistico e della ristorazione vuole uscire dalla crisi, deve investire nei lavoratori, garantendo stipendi adeguati e condizioni di lavoro dignitose. Solo così sarà possibile rilanciare i consumi e favorire una ripresa economica sostenibile.

dichiarazioni del sindaco di Gabicce Mare