Caso Serena Williams agli US Open: tra penalità, accuse di sessismo e la gestione delle regole nel tennis
Durante la finale degli US Open 2018, Serena Williams ha affrontato Naomi Osaka in un match che sarebbe passato alla storia non solo per il talento mostrato in campo, ma per la controversia che ne è seguita. L’atleta statunitense ha ricevuto tre penalità dall’arbitro di sedia Carlos Ramos, evento che ha contribuito alla sua sconfitta. La Williams ha poi denunciato un presunto doppio standard sessista, ma i fatti raccontano una storia diversa.
🔹 Penalità per coaching: Williams ha violato il regolamento?
La prima penalità ricevuta da Williams riguarda il coaching, ovvero quando un allenatore comunica consigli strategici al giocatore durante la partita. Nel Grand Slam, questa pratica è vietata, mentre in altri tornei come la Coppa Davis è consentita. Durante il match, l’arbitro ha notato gesti dell’allenatore di Serena, Patrick Mouratoglou, che sembravano suggerimenti tattici.
Williams ha contestato la decisione, dichiarando: > "Preferirei perdere che barare, non ho mai barato in vita mia."
Tuttavia, nel post-partita il suo allenatore ha ammesso di aver fornito indicazioni, confermando quindi la validità della penalità inflitta dall’arbitro. Questo fatto ha suscitato critiche sulla coerenza delle proteste di Serena: se il suo coach ha effettivamente praticato coaching, la penalità era inevitabile.
Coaching or not ?#usopen pic.twitter.com/OATS0LE2Y2— Ashish TV Slams (@ashishtvslams) 8 settembre 2018
🔹 Rottura della racchetta: il secondo warning
Dopo un momento di difficoltà nel match, Serena ha perso il controllo e ha distrutto la racchetta, un gesto che nel tennis è considerato un’infrazione. Gli arbitri puniscono questi comportamenti poiché non rispettano l’etica sportiva e possono influenzare il gioco.
L’esempio più noto di questo genere di penalità riguarda Novak Djokovic, che in passato ha ricevuto warning per aver rotto racchette o aver mostrato atteggiamenti aggressivi sul campo. Ciò dimostra che la regola viene applicata a prescindere dal genere.
🔹 La terza penalità: verbal abuse e scontro con l’arbitro
Dopo la seconda penalità, Williams ha continuato la sua protesta con l’arbitro, accusandolo di averla definita una truffatrice e pretendendo delle scuse. La situazione è degenerata quando ha insultato Ramos, definendolo bugiardo e ladro.
Nel regolamento del tennis, l’"abuso verbale" nei confronti dell’arbitro o di altri ufficiali di gara viene sanzionato con penalità. Williams ha quindi ricevuto una terza penalizzazione, che ha comportato la perdita di un intero game, mettendo fine alla sua partita.
Questa decisione ha scatenato forti reazioni, e l’atleta ha accusato il giudice di aver adottato un doppio standard, affermando che agli uomini non verrebbero date penalità simili per proteste accese.
Serena's coach says that a penalty for coaching during play is hypocritical because every coach does it. pic.twitter.com/AvU3TnKUIH— ESPN (@espn) 8 settembre 2018
🔹 Il confronto con le penalità agli uomini: esiste davvero un sessismo arbitrale?
Una delle affermazioni più discusse di Williams riguarda il fatto che gli uomini non verrebbero penalizzati per comportamenti simili. Tuttavia, nel corso degli anni abbiamo visto diversi tennisti, tra cui Nick Kyrgios, Novak Djokovic e John McEnroe, ricevere penalità per proteste, rottura di racchette e insulti agli arbitri.
L’esempio più chiaro riguarda Djokovic, che durante le Olimpiadi di Tokyo ha rotto una racchetta e lanciato un’altra in tribuna, ricevendo penalità immediate. Questo dimostra che le regole del tennis vengono applicate equamente e che il sessismo non sembra essere un fattore determinante nelle decisioni arbitrali.
🔹 Il ruolo del coach e il tentativo di giustificare le violazioni
Dopo la partita, il coach di Serena Williams ha dichiarato che la penalità per coaching è "ipocrita" perché "lo fanno tutti". Ma nel tennis, come in ogni sport, il regolamento deve essere rispettato. Dire che "tutti lo fanno" non annulla la validità della penalità.
Un altro punto sollevato dal coach è stato che "spaccare una racchetta non è la fine del mondo" e che gli atleti dovrebbero poter esprimere le proprie emozioni liberamente. Tuttavia, l’etica sportiva impone ai giocatori di mantenere un comportamento rispettoso, e proprio per questo la rottura della racchetta è penalizzata.
🔹 L’uso delle battaglie femministe per giustificare comportamenti antisportivi
Negli ultimi anni, alcuni movimenti femministi hanno denunciato presunti doppi standard negli sport, sottolineando discriminazioni basate sul genere. Tuttavia, nel caso di Serena Williams, le regole applicate erano chiare e valide anche per gli uomini.
Denunciare un inesistente sessismo nel tennis rischia di minare la credibilità delle vere battaglie femministe, distogliendo l’attenzione da questioni reali come parità salariale, visibilità mediatica e accesso equo alle opportunità sportive.
📢 Conclusione: Serena Williams ha ragione o ha esagerato?
Serena Williams è un’atleta straordinaria, ma in questo caso ha violato il regolamento, ricevendo penalità giustificate. L’uso delle accuse di sessismo per contestare le decisioni arbitrali appare infondato, considerando che atleti uomini sono stati penalizzati per gli stessi comportamenti.
Questa vicenda solleva interrogativi sul rapporto tra sport, regolamenti e politiche di genere. Secondo te, Williams è stata vittima di un’ingiustizia o ha semplicemente superato i limiti accettabili in un match professionale? Scrivi nei commenti la tua opinione!
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