Monster Hunter World e il maltrattamento degli animali: Critica fondata o esagerata?

Monster Hunter World e il maltrattamento degli animali: Critica fondata o esagerata?

Monster Hunter World è considerato uno dei migliori giochi di caccia mai realizzati, grazie alla sua profondità strategica e alla vasta gamma di creature presenti nel mondo di gioco. Tuttavia, alcune critiche emergono riguardo a un tema insolito per il settore: il maltrattamento degli animali. Un articolo di Forbes, scritto da Mitch Wallace, solleva dubbi etici sulla natura del gioco, sostenendo che Monster Hunter World metta i giocatori nella posizione di disturbare e distruggere creature innocenti.

Ma fino a che punto questa critica è fondata? È giusto applicare concetti etici reali a una simulazione virtuale?

La caccia nei videogiochi: quando la finzione genera dibattito

Il dibattito sulle implicazioni morali nei videogiochi esiste da anni. Titoli come Grand Theft Auto sono stati criticati per la loro rappresentazione della violenza urbana, mentre giochi di guerra come Call of Duty sollevano discussioni sull’impatto della militarizzazione nel gaming. Monster Hunter World rientra in questa categoria?

L’autore dell’articolo riconosce il valore del gioco ma si dice infastidito dalla sua premessa: i cacciatori invadono un mondo naturale, uccidono creature che non stavano facendo nulla di male e lo fanno per ottenere materiali e costruire equipaggiamento. Secondo Wallace, alcuni animali non dovrebbero essere inclusi nel gioco perché la loro caccia porta a sensi di colpa.

Eppure, la caccia è una dinamica naturale, non solo per gli esseri umani, ma per qualsiasi predatore. Gli animali si cacciano tra loro per sopravvivere. La paura e la fuga fanno parte della loro esistenza e, in un ecosistema, la predazione è necessaria per l’equilibrio.


L’elemento etico nei videogiochi

Wallace racconta di essere rimasto colpito dal momento in cui un mostro ferito cerca di scappare. Non è il classico boss da abbattere senza pensarci due volte, ma una creatura con una propria vita e routine. Questo porta a una riflessione interessante: il gioco, invece di banalizzare la violenza, stimola un senso di empatia nei giocatori.

Se un titolo riesce a far provare sensi di colpa per la caccia a creature pacifiche, significa che sta facendo qualcosa di ben più profondo di una semplice simulazione. Il giocatore è costretto a confrontarsi con il concetto di caccia non solo come meccanica di gioco, ma come atto che genera conseguenze emotive.

Tuttavia, proprio per questo motivo, il punto sollevato dall’articolo sembra paradossale. Se il gioco fa emergere un senso di colpa, vuol dire che sta trasmettendo una lezione importante: ogni azione, anche in un videogioco, ha un impatto.

Empatia e morale: un problema o un punto di forza?

Se Monster Hunter World portasse a una rappresentazione fredda e distaccata della caccia, senza emozioni o senza alcun senso di responsabilità, forse la critica sarebbe più giustificata. Ma il fatto che i giocatori possano provare rimorso per l’uccisione di creature pacifiche suggerisce che il gioco stesso non normalizza la violenza gratuita. Anzi, la mette in evidenza.

In altre parole, se un giocatore prova disagio nel cacciare un mostro innocente, il gioco ha fatto il suo lavoro: ha portato il giocatore a riflettere su ciò che sta facendo.

Conclusioni

Wallace conclude il suo articolo affermando che non smetterà di giocare e che non vuole impedire agli altri di farlo. Tuttavia, invita a una riflessione sull’etica nei videogiochi e sul messaggio che questi trasmettono ai giocatori.

È una discussione valida, ma forse il gioco stesso ha già risposto: Monster Hunter World non glorifica la caccia indiscriminata, ma la presenta in un modo che porta il giocatore a confrontarsi con le sue emozioni. Se l’autore ha provato sensi di colpa, forse questo è un segno del successo del gioco nel trasmettere un’esperienza emotiva significativa.

Dopotutto, è solo un videogioco, ma anche i videogiochi possono farci riflettere su temi più profondi.


Fonte: Forbes