Pecore in Pantaloni e il Sessismo nella Pubblicità Diesel

Altro giorno, un’altra boiata. Stavolta l’urlo al sessismo proviene dalla pagina “un altro genere di rispetto” (che, sotto molti aspetti, potrebbe benissimo essere definita “un altro genere di psicosi”). In questo dibattito, l'irriverente accostamento di idee vegane e misandriche trasforma anche il gesto apparentemente innocuo di “mettere i pantaloni alle pecore” in un’attesa critica caricaturale. Ma cosa implica veramente questa retorica e in che modo viene strumentalizzata nella campagna pubblicitaria Diesel?
Altro giorno, un’altra boiata. Stavolta l’urlo al sessismo proviene dalla pagina “un altro genere di rispetto” (che, sotto molti aspetti, potrebbe benissimo essere definita “un altro genere di psicosi”). In questo dibattito, l'irriverente accostamento di idee vegane e misandriche trasforma anche il gesto apparentemente innocuo di “mettere i pantaloni alle pecore” in un’attesa critica caricaturale. Ma cosa implica veramente questa retorica e in che modo viene strumentalizzata nella campagna pubblicitaria Diesel?

Fandonie Vegane e Accenti Misandrici

Il nucleo del discorso critico si alimenta di una miscela di fandonie vegane e affermazioni misandriche. In un tono che sembra voler prevenire ogni possibile accusa, alcuni commentatori si dichiarano all’altezza esprimendo il loro pensiero “senza offendere”, ma le loro parole tradiscono ironia e retorica esasperata. L’idea di associare inevitabilmente la sofferenza animale al concetto di violenza umana – come nel famoso equivoco che “non esiste lana senza violenza, come non esiste pelle senza violenza” – evidenzia una visione eccessivamente distorta e sensazionalista.



Il Discorso Sensazionalista: Analisi dei Dettagli

Il fulcro dell’argomentazione, che porta a leggere significati sessisti anche in dettagli apparentemente insignificanti, emerge da frasi come:

  • “Il manichino indossa dei jeans aderenti ed un giubbotto di pelle.”

  • “Il sedere, così come gli organi genitali, negli animali è sempre esposto …”

Queste affermazioni non solo stravolgono ogni logica di base, ma spingono il discorso verso un’estremizzazione retorica in cui ogni minimo elemento diventa il simbolo di un richiamo sessuale, cadendo in un’eccessiva iperbole. Se un jeans attillato può essere interpretato come emblematico di seduzione, a chi si dovrebbe veramente occuparsi di un’immagine pubblicitaria che coinvolge una pecora? La trasformazione dell’immagine in pretesto ad una lotta ideologica appare più una manipolazione retorica che un’attenta analisi critica.


La Reazione del Pubblico e il Cherry Picking

Il dibattito si vece ulteriormente sul piano dei commenti e delle reazioni online, dove si osserva una forma di “cherry picking” (scelta selettiva dei dettagli) che esalta solo quelli che confermano una visione distorta del sessismo. Da affermazioni esagerate come “le donne si sentono insultate e offese” alla retorica che esalta il ruolo del manichino (laddove in alcune vetrine la presenza di un modello maschile è usata per riconciliare contrasti), il linguaggio diventa strumento di un confronto ideologico che tende a esaltare l’indignazione anziché cercare un dialogo costruttivo.

Conclusioni Critiche: Una Retorica oltre la Semplice Sensibilizzazione

La campagna di Diesel, nata con l’intento di ridurre la sofferenza animale, è stata deviata in chiave ideologica da chi vuole leggere in ogni messaggio un simbolo di sessismo. Questo approccio retorico, che unisce critiche vegane e accenti misandrici, dimostra come il dibattito pubblico possa essere strumentalizzato, trasformando una scelta etica in un pretesto per attacchi ideologici e retorici. La critica, per quanto necessaria, deve rimanere ancorata alla realtà e non cedere a interpretazioni eccessivamente distorte. Il confine tra sensibilizzazione e isteria ideologica è sottile, e quando ogni dettaglio viene esagerato, si finisce per perdere il vero senso dell’argomento.