L'eutanasia è cosa buona e giusta, così come esserne contro

L’eutanasia è tornata al centro del dibattito pubblico dopo il caso di Dj Fabo, che ha scelto di porre fine alla sua sofferenza in Svizzera, accompagnato da Marco Cappato, indagato per il suo ruolo nella vicenda. Questo evento ha nuovamente polarizzato le opinioni tra chi sostiene il diritto all’eutanasia e chi la considera una pratica inaccettabile.

Perché l’eutanasia è importante?

La scelta di Dj Fabo ha messo in evidenza una questione cruciale: il diritto di decidere sulla propria vita quando le condizioni di salute rendono l’esistenza insostenibile. Chi sostiene l’eutanasia evidenzia come costringere una persona a vivere tra sofferenze atroci, senza alcuna prospettiva di miglioramento, rappresenti una forma di accanimento terapeutico.

Oltre alle implicazioni etiche, l’eutanasia solleva anche una questione di tipo economico: le cure prolungate per pazienti senza possibilità di guarigione rappresentano un costo elevato per il sistema sanitario nazionale, fondi che potrebbero essere destinati ad altre emergenze mediche e all’ottimizzazione delle strutture sanitarie.

I rischi di un’applicazione distorta dell’eutanasia

Se da un lato l’eutanasia può garantire una morte dignitosa a chi ne ha necessità, dall’altro emergono preoccupanti casi in cui questa pratica è stata applicata in maniera controversa.

  • Il caso di Shanti De Corte, giovane belga di 23 anni, ha sollevato un acceso dibattito. Sopravvissuta alla strage dell’ISIS a Bruxelles, non riuscì mai a superare il trauma e, per una grave depressione, le fu concessa l’eutanasia.

  • In Canada, un’anziana donna aveva richiesto un finanziamento pubblico per un montascale. La risposta che ha ricevuto è stata una lettera che la invitava a prendere in considerazione il suicidio assistito.

  • Rose Finlay, madre quadriplegica di due bambini, ha denunciato le difficoltà nell’accesso ai servizi per disabili, mentre il suicidio assistito risulta essere molto più rapido da ottenere.

  • Sheila Elson, madre di Candice Lewis, ha raccontato come un medico le abbia suggerito di valutare il suicidio assistito per la figlia di 25 anni, affetta da spina bifica, paralisi cerebrale e attacchi epilettici cronici. La pressione esercitata dal medico è stata evidente: non solo ha proposto l’eutanasia senza considerare alternative, ma ha espresso il suo giudizio sulla madre definendola “egoista” per aver rifiutato. Ancora più grave è stato il fatto che Candice fosse presente durante la conversazione e abbia sentito ogni parola, senza che il medico si preoccupasse di mostrarsi più sensibile o di discutere la questione con discrezione.

Questi episodi sollevano interrogativi sull’applicazione dell’eutanasia in contesti in cui i pazienti avrebbero potuto ricevere altre forme di supporto e non hanno espresso alcun desiderio di porre fine alla loro vita, anzi in casi in cui facevano richiesta di assistenza proprio per continuare a vivere una vita dignitosa.

Eutanasia e obiezione di coscienza

In Italia, il dibattito sull’eutanasia si scontra con visioni molto diverse. Chi è favorevole ritiene che il diritto di scegliere dovrebbe essere garantito a chiunque, mentre altri considerano il suicidio assistito un concetto eticamente inaccettabile.

Nel caso in cui venga legalizzata, sarà cruciale garantire un equilibrio tra il diritto alla scelta e la possibilità per i medici di esercitare l’obiezione di coscienza, come avviene per l’aborto.

Conclusione

L’eutanasia rappresenta un tema complesso, che richiede un approccio ponderato e regolamentato. È fondamentale distinguere tra chi sceglie di porre fine alla propria sofferenza e chi potrebbe essere spinto verso questa opzione per motivi economici o sociali, deumanizzando le persone ritenute un "costo" o un "peso" invece che esseri umani.

Fonti:
Repubblica il caso Shanti de Corte
Indipendent il caso della madre disabile
CBC il caso di Sheila e Candice