Ahmadreza Djalali: il medico iraniano condannato a morte, è ancora in carcere

Ahmadreza Djalali, medico e ricercatore iraniano con cittadinanza svedese, è stato arrestato in Iran nel 2016 mentre partecipava a una conferenza accademica. Accusato di spionaggio e collaborazione con Israele, è stato condannato a morte dopo un processo gravemente iniquo, basato su confessioni estorte con la tortura.

Chi è Ahmadreza Djalali?

Djalali ha lavorato per anni in Europa, collaborando con università in Italia, Svezia e Belgio. In particolare, ha contribuito alla ricerca sulla medicina delle catastrofi, studiando strategie per migliorare la risposta sanitaria in situazioni di emergenza. Ha lavorato presso l'Università del Piemonte Orientale, dove ha sviluppato un programma di dottorato e ha contribuito alla creazione del Centro di Ricerca in Emergenza e Disastro (CRIMEDIM).

Ahmadreza Djalali e la sua famiglia

La condanna e la detenzione

Dal 2017, Djalali è rinchiuso nel carcere di Evin, noto per le sue condizioni disumane. Amnesty International denuncia che il medico è gravemente malato, soffre di aritmia cardiaca, anemia e ipertensione, ma gli è stato negato l'accesso alle cure. Nel 2024, Djalali ha intrapreso uno sciopero della fame per protestare contro la sua esclusione da uno scambio di prigionieri tra Iran e Svezia.

Il governo svedese ha negoziato il rilascio di due cittadini detenuti in Iran, ma ha lasciato Djalali indietro, aumentando il rischio di esecuzione. Secondo esperti delle Nazioni Unite, la sua detenzione è arbitraria e rappresenta una violazione del diritto internazionale.

L'ultimo appello respinto: rischio di esecuzione imminente

Nel 2022, l'ultimo appello degli avvocati di Djalali è stato respinto, il che significa che, secondo la legge iraniana, potrebbe essere giustiziato in qualsiasi momento. La comunità internazionale ha intensificato gli sforzi per impedirne l'esecuzione, ma il governo iraniano non ha mostrato segnali di voler riconsiderare la condanna.

Diritti delle donne in Iran prima dell'ascesa del regime
Una modella iraniana in una foto di una rivista,
  prima della "rivoluzione" che le ha costrette
a perdere ogni diritto.

La confessione forzata trasmessa in TV

Nel 2018, la televisione iraniana ha trasmesso un video in cui Djalali "confessava" di essere una spia. Tuttavia, secondo la sua famiglia e Amnesty International, si trattava di una confessione estorta sotto minacce e coercizione. Djalali sarebbe stato costretto a leggere un testo preparato dalle autorità iraniane, con la promessa che, in cambio, sarebbe stato liberato. Se avesse rifiutato, la sua famiglia avrebbe subito rappresaglie

La comunità internazionale chiede la sua liberazione

Numerose organizzazioni, tra cui Amnesty International, continuano a chiedere la liberazione di Djalali. Il medico ha inviato un appello disperato dal carcere, dichiarando: > "Sono uno scienziato, non una spia. Mi avete escluso dallo scambio di prigionieri, mentre corro il serio pericolo di essere messo a morte."

Gli esperti delle Nazioni Unite hanno denunciato il caso, sottolineando che l'Iran utilizza la detenzione di cittadini con doppia nazionalità come strumento di pressione politica. La sua salute è gravemente compromessa, e senza cure adeguate, il rischio di morte aumenta.

Conclusione

Il caso di Ahmadreza Djalali è un esempio di come alcuni governi utilizzino la pena di morte come strumento politico. La sua detenzione arbitraria e la negazione delle cure mediche sono una violazione dei diritti umani. La comunità internazionale deve continuare a fare pressione per ottenere la sua liberazione.


Repubblica