La figura di Selvaggia Lucarelli: paladina o vendicatrice?
Negli ultimi anni, Selvaggia Lucarelli si è affermata come una delle voci più forti del web nella lotta contro gli insulti gratuiti e le minacce online. Il suo metodo consiste nell'esporre pubblicamente chi si è reso protagonista di comportamenti aggressivi, spesso con conseguenze pesanti per gli individui coinvolti.
Se da un lato è giusto contrastare l'odio online, il suo approccio ha generato forti critiche, con molti che lo considerano un giustizialismo estremo. Infatti, Lucarelli non si limita a denunciare gli attacchi verbali, ma cerca di influenzare direttamente le vite lavorative di chi l’ha insultata, portando in alcuni casi al licenziamento di persone che, pur avendo agito in modo discutibile, non avevano commesso alcun illecito legale.
Indagata per il furto di foto rubate: il caso giudiziario
Recentemente, Lucarelli è stata indagata per il presunto furto di foto di vip, una vicenda che mette in discussione il suo stesso metodo di giudizio. Se da sempre si è dichiarata paladina della legalità, cosa succede quando è lei a finire sotto indagine?
Secondo il principio di presunzione di innocenza, nessuno dovrebbe essere considerato colpevole prima della conclusione di un processo che lo sentenzia. Tuttavia, è proprio ciò che Lucarelli non ha mai applicato ai suoi “bersagli”, esponendoli alla gogna senza alcuna verifica legale preliminare. Questo atteggiamento solleva un interrogativo: lei che si erge a giudice digitale accetterà di essere giudicata con la stessa severità?
Il problema del doxing: vendetta o giustizia?
Uno degli aspetti più controversi della sua strategia è il doxing, ovvero la pubblicazione di nomi, cognomi, link ai profili social, e persino informazioni personali degli individui criticati. Questa pratica è vietata dai regolamenti di molte piattaforme e, in alcuni casi, può essere considerata un reato.
Se questo metodo venisse applicato contro di lei, con richieste di licenziamento, come reagirebbe? L’idea di rovinare una carriera per un commento impulsivo sui social è davvero giustizia o si tratta di vendetta digitale?
Il rischio degli errori nel giustizialismo digitale
Uno dei problemi più gravi della giustizia sommaria sui social è la possibilità di coinvolgere persone innocenti, spesso per omonimia o per informazioni errate. Quando un individuo viene esposto pubblicamente senza verifiche approfondite, il rischio di danneggiare persone estranee alla vicenda diventa concreto.
Nel caso di Selvaggia Lucarelli, il suo metodo di denuncia pubblica ha portato in passato a polemiche per l’esposizione di individui che non avevano alcun legame con le accuse mosse. Questo solleva interrogativi sulla responsabilità di chi utilizza la gogna mediatica: è giusto esporre qualcuno senza prove certe, rischiando di coinvolgere persone innocenti?
Il problema del doxing e della diffusione di dati personali amplifica questi rischi, trasformando una denuncia in un possibile errore irreparabile. La giustizia digitale dovrebbe sempre basarsi su verifiche accurate, evitando di alimentare ondate di odio ingiustificate.
Criticare senza estremizzare
Nonostante tutto, è giusto riconoscere che alcuni suoi interventi hanno evidenziato problemi reali, e in alcuni casi hanno portato alla denuncia di atteggiamenti inaccettabili. Il problema sorge quando la linea tra denuncia e persecuzione diventa troppo sottile.
Condannare in blocco una persona per un singolo errore senza un'indagine ufficiale è una pratica pericolosa, che può trasformarsi in puro linciaggio mediatico.
Il caso di Giovanna Pedretti e la gogna mediatica
Uno degli episodi più controversi legati a Selvaggia Lucarelli riguarda il suicidio di Giovanna Pedretti, una ristoratrice di Sant’Angelo Lodigiano. La vicenda ha avuto inizio quando Pedretti ha pubblicato sui social la risposta a una recensione discriminatoria nei confronti di persone LGBTQ+ e disabili. Il post ha rapidamente guadagnato visibilità, trasformandola in un simbolo di inclusività.
Tuttavia, poco dopo, Lucarelli e altri influencer hanno messo in dubbio la veridicità della recensione, sostenendo che fosse un'operazione di marketing. Questo ha scatenato una nuova ondata di commenti negativi contro Pedretti, che si è trovata improvvisamente al centro di una gogna mediatica.
Tre giorni dopo l’inizio della polemica, Giovanna Pedretti è stata trovata morta nel fiume Lambro. La figlia della ristoratrice ha accusato Lucarelli di aver contribuito al massacro mediatico della madre, sottolineando il peso che la pressione online ha avuto sulla sua decisione.
La procura ha successivamente stabilito che non vi erano elementi per configurare l’istigazione al suicidio, archiviando il caso. Tuttavia, la vicenda ha sollevato un dibattito più ampio sul potere distruttivo della gogna digitale, e su quanto la viralità possa trasformarsi in un’arma pericolosa.
Conclusione: giustizialismo digitale senza limiti?
Il web ha bisogno di equilibrio tra libertà di espressione, protezione dalle offese e rispetto per la giustizia. Esporre pubblicamente chi sbaglia può avere un effetto positivo, ma senza un controllo legale, il rischio è un'ondata di vendette personali mascherate da giustizia.
Notizia sull'indagine riportata dal Corriere.it