Il linguaggio non è più neutro: è campo di battaglia ideologica
Una volta, il politicamente corretto cercava di attenuare il linguaggio offensivo; adesso è diventato un pretesto per zittire chi esprime opinioni scomode. Personalità del mondo pubblico come Giuseppe Cruciani denunciano da tempo questa deriva, definendola una forma moderna di “analfabetismo emotivo” e “moralismo selettivo”. Anche Claudio Descalzi, CEO di Eni, ha recentemente affermato che "l'eccesso di politically correct sta uccidendo l'onestà intellettuale nel dibattito pubblico".
Il linguaggio non è più neutro: è campo di battaglia ideologica
Una volta, il politicamente corretto cercava di attenuare il linguaggio offensivo; adesso è diventato un pretesto per zittire chi esprime opinioni scomode. Personalità del mondo pubblico come Giuseppe Cruciani denunciano da tempo questa deriva, definendola una forma moderna di “analfabetismo emotivo” e “moralismo selettivo”. Anche Claudio Descalzi, CEO di Eni, ha recentemente affermato che "l'eccesso di politically correct sta uccidendo l'onestà intellettuale nel dibattito pubblico".
Il paradosso dell’inclusività: perché il DEI è in crisi
Negli Stati Uniti e in Europa, molti progetti editoriali e di intrattenimento che puntavano tutto sull’ideologia DEI (Diversity, Equity & Inclusion) hanno registrato flop clamorosi, proprio perché percepiti come forzati e scollegati dalla realtà. Esempi come il live action di Biancaneve targato Disney, o i recenti fallimenti di campagne pubblicitarie “woke”, mostrano quanto sia ormai visibile lo scollamento tra narrazione e pubblico.
Quando l’opinione diventa eresia
In questo contesto culturale iper-polarizzato, anche riconoscere che il potere economico incide sull’attrazione sociale può essere bollato come sessista. Ironizzare sui limiti della burocrazia pubblica può essere definito “gentismo tossico”. L’eccesso di zelo ideologico non risparmia nemmeno chi cerca di spiegare comportamenti collettivi con ironia o senso critico.
Conclusione: serve un ritorno al buonsenso
Il rischio non è solo la fine dell’ironia o del pensiero laterale, ma il fatto che la censura culturale venga normalizzata, rendendo sospetto chiunque non si adegui alla narrazione dominante. In un’epoca in cui le parole pesano più dei fatti, è fondamentale difendere il diritto a esprimere idee controcorrente, fondate e argomentate, senza dover subire scomuniche digitali.
🔎 Voci autorevoli sul politicamente corretto
📣 Giuseppe Cruciani (giornalista): “Il politicamente corretto è diventato una camicia di forza del pensiero. Chi dissente viene immediatamente bollato come mostro”. Cruciani è noto per le sue posizioni anti-woke, espresse anche nel libro “Gli stregoni del bene”.
🛢️ Claudio Descalzi (CEO di Eni): “Odio il politicamente corretto, lo vedo come una costrizione finta. Siamo arrivati al punto in cui anche l’onestà intellettuale viene percepita come provocazione”. L’ha dichiarato nel 2024 in un’intervista a Il Foglio, criticando l’auto-censura nei luoghi di lavoro.
🎬 Hollywood e Disney sotto accusa: Il flop di film come il live action di Biancaneve e la cancellazione di progetti ultra-inclusivi da parte di Netflix e Warner hanno sollevato dubbi sulla sostenibilità narrativa del modello DEI, spesso vissuto come forzatura commerciale più che progresso autentico.
Fino a che punto deve spingersi il rispetto per la sensibilità altrui prima che diventi censura? Stiamo davvero proteggendo qualcuno — o stiamo solo evitando il confronto?
Per approfondire il tema leggi il mio articolo: Il politicamente corretto e la cancel culture: Ipocrisia e Doppio standard