Oltre il pregiudizio: analisi dello stalking tra arte, dati e silenzi mediatici

Nel 2025, il dibattito sul confine tra arte e responsabilità sociale è più acceso che mai. A riaccenderlo è stato il brano “3 Messaggi in Segreteria” di Emis Killa, che ha suscitato forti reazioni da parte di alcuni gruppi femministi e dell’opinione pubblica. Ma cosa racconta davvero questa canzone? E perché è importante analizzarla con lucidità?

Il brano: uno storytelling disturbante ma necessario?

Nel testo, Emis Killa adotta il punto di vista di uno stalker ossessivo, esplorandone i pensieri e le motivazioni. Il tono è volutamente crudo, disturbante, ma secondo l’autore, l’intento è denunciare il fenomeno dello stalking attraverso un linguaggio provocatorio, tipico del rap.

> “Non è un inno allo stalking, ma un modo per mostrare quanto possa essere malato il pensiero di chi lo pratica” – ha dichiarato il rapper.

Questa tecnica narrativa, nota come storytelling immersivo, è comune nella musica e nella letteratura, e serve a far riflettere più che a giustificare.


3 messaggi in segreteria

Stalking e violenza: i dati aggiornati al 2025

Per comprendere il contesto, è fondamentale guardare ai numeri. Secondo il Gitnux report 2025 e l’analisi di VPN Ranks:

  • Circa 7,5 milioni di persone sono vittime di stalking ogni anno negli Stati Uniti.

  • Il 78% delle vittime sono donne, ma anche 1 uomo su 17 ha subito stalking nella propria vita.

  • Il 67% delle vittime conosce il proprio stalker, spesso un ex partner.

  • Il 30-40% sviluppa PTSD a causa delle persecuzioni.

  • Il 23,1% degli utenti online potrebbe subire cyberstalking entro fine 2025.

Questi dati mostrano che, sebbene la maggioranza delle vittime siano donne, anche gli uomini subiscono stalking e violenza psicologica, spesso da parte di altre donne o in contesti familiari.

Chi sono gli autori dello stalking?

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, il profilo dello stalker è complesso e non si limita a un solo genere o contesto.

Secondo i dati più recenti del Crime survey for England and Wales 2025 e le analisi di VPN Ranks:

  • Nella maggior parte dei casi di stalking fisico, l’autore è di sesso maschile, spesso un ex partner.

  • Tuttavia, la presenza femminile come autrice è tutt’altro che marginale, soprattutto nei casi di cyberstalking e stalking psicologico.

  • In determinati contesti (come quelli familiari o scolastici), le donne rappresentano una percentuale più alta del previsto, pur non superando la maggioranza assoluta.

Alcuni studi precedenti indicavano un’incidenza superiore tra le donne, ma erano spesso limitati a campioni ristretti o specifici ambiti culturali. Le nuove metodologie di raccolta dati dipingono uno scenario più bilanciato: gli uomini sono più frequentemente autori, ma le donne non sono affatto rare tra i responsabili di comportamenti persecutori.

Il silenzio mediatico e le vittime dimenticate

La legge italiana contro lo stalking (art. 612-bis c.p.), introdotta nel 2009, è stata accolta inizialmente con forte attenzione mediatica e politica, proprio per la sua portata innovativa nel contrasto alle molestie reiterate. Tuttavia, negli ultimi anni si è registrato un calo dell'interesse pubblico verso la sua applicazione e i suoi effetti.

Alcuni osservatori hanno ipotizzato che questo silenzio possa essere legato a un fatto poco discusso: un numero crescente di denunce per stalking proviene da uomini, spesso in contesti relazionali o familiari. Una dinamica che mette in luce una realtà sottorappresentata nel discorso pubblico: anche gli uomini possono essere vittime di comportamenti persecutori, e talvolta le autrici sono donne.

> Questo spostamento narrativo ha generato un certo imbarazzo nel dibattito politico e culturale, storicamente concentrato su una lettura unidirezionale della violenza di genere.

Pur non disponendo di dati ufficiali aggiornati che confermino il sorpasso numerico delle denunce maschili, fonti giuridiche e testimonianze raccolte da associazioni per la tutela dei diritti civili segnalano che il fenomeno è più diffuso di quanto si pensi, e che la narrazione pubblica fatica ancora a riconoscerlo pienamente.

Il rischio della narrazione unilaterale

Concentrarsi esclusivamente sulla violenza maschile rischia di oscurare altre forme di abuso. Secondo il Global Database on violence against women, la maggior parte delle misure legislative si concentra sulla protezione delle donne, ma solo 1 iniziativa su 10 coinvolge anche uomini e ragazzi nella prevenzione.

Una narrazione equilibrata non significa negare l’esistenza della violenza sulle donne, ma riconoscere tutte le vittime, indipendentemente dal genere.

Arte, linguaggio e responsabilità: rappresentare il male per comprenderlo

Il caso di “3 Messaggi in Segreteria” riporta al centro una questione centrale per ogni espressione artistica: è legittimo raccontare il male senza approvarlo? La risposta, come dimostrano secoli di letteratura e arte drammatica, è sì — a patto che l’intento sia chiaro e il contesto adeguato.

Il rap, come forma contemporanea di narrativa sociale, spesso adotta punti di vista disturbanti proprio per generare consapevolezza, non per incoraggiarla. Ignorare questa chiave interpretativa rischia di ridurre ogni rappresentazione scomoda a un’istigazione, con il pericolo di silenziarla senza comprenderla. L’arte può essere scomoda, ma proprio per questo è necessaria: per stimolare il pensiero critico su tematiche come la gelosia patologica, la dipendenza emotiva e la violenza relazionale.

🧩 Conclusione: oltre la polarizzazione, verso una cultura del riconoscimento

In un clima sempre più polarizzato, è fondamentale distinguere tra provocazione consapevole e apologia, tra espressione artistica e incitamento. Il brano di Emis Killa, con tutte le sue asperità, può essere letto come un invito alla riflessione su temi drammaticamente attuali: stalking, disagio mentale, relazioni tossiche.

Solo attraverso un confronto basato sui dati, sulla complessità e sull’onestà intellettuale, possiamo costruire una cultura della prevenzione che non si limiti a individuare un “nemico”, ma che riconosca tutte le forme di violenza, indipendentemente da chi le esercita o le subisce. E in questo, l’arte ha ancora un ruolo cruciale da svolgere.


Ultimo aggiornamento: Giugno 2025