🧠 Introduzione: quando la dieta diventa un crimine culturale
Negli ultimi anni, parlare di perdita di peso è diventato un terreno minato. Alcune frange del movimento fat acceptance — nato con l’intento nobile di promuovere rispetto e dignità per ogni persona — hanno trasformato qualsiasi riferimento a dieta, salute metabolica o bilancia in un presunto atto di “hate speech”.
Sì, hai letto bene: secondo questa visione, anche solo proporre un percorso dimagrante o parlare di salute legata al peso corporeo sarebbe paragonabile a un’aggressione verbale. Ma come siamo arrivati a questo punto?
🏁 Dalle buone intenzioni alla censura del buon senso
Il body positivity estremo nasceva con uno scopo condivisibile: combattere la discriminazione verso le persone in sovrappeso e promuovere una cultura più inclusiva. Ma col tempo, una parte di questo attivismo ha deragliato, trasformandosi in una forma di negazionismo sanitario.
Oggi, chiunque osi dire che l’obesità è un fattore di rischio per diabete, malattie cardiovascolari o infertilità viene accusato di “fatphobia”. E chi propone un regime alimentare equilibrato viene tacciato di “violenza simbolica”.
⚖️ La bilancia come nemico pubblico: un trend che non muore mai
Il simbolo di questa deriva? La bilancia.
Tutto iniziò nel 2016, quando alcune attiviste iniziarono a rompere bilance pubblicamente come gesto di liberazione dal “giogo della cultura della dieta”. Il gesto, diventato virale, è tornato ciclicamente in auge — oggi rilanciato su TikTok con nuovi video in cui si distruggono bilance a colpi di martello o si gettano nei cassonetti, accompagnati da hashtag come #dietcultureisviolence
o #smashthescale
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🎥 Esempio: Trend TikTok – distruggere la bilancia
Ma davvero un oggetto neutro, che misura un dato oggettivo, può essere considerato offensivo? È come prendersela con un termometro perché segnala la febbre.
📉 Perché demonizzare la perdita di peso è pericoloso
La verità è che molte persone vogliono dimagrire. Non perché siano vittime del patriarcato o della pubblicità, ma perché:
- si sentono meglio fisicamente;
- vogliono migliorare la propria salute;
- desiderano piacersi di più.
L’industria del dimagrimento esiste perché c’è una domanda reale. E anche se molti prodotti sono fuffa, il principio resta: nessuno offre qualcosa che non viene cercato.
Etichettare tutto questo come “discriminazione” è un modo per evitare il confronto con la realtà. E la realtà è che l’obesità grave compromette la qualità della vita, riduce l’aspettativa di vita e limita la libertà individuale.
💡 La bellezza non è un’opinione: è anche biologia
Un altro punto spesso ignorato è che l’attrattività non è solo culturale, ma anche biologica. La selezione sessuale esiste, e il nostro cervello è programmato per riconoscere segnali di salute e fertilità.
- Uomini forti → segnale di protezione e risorse
- Donne in forma → segnale di fertilità e salute riproduttiva
Non è crudele, è evoluzione. E nessuna campagna pubblicitaria potrà mai riscrivere completamente milioni di anni di selezione naturale.
A riprova di questo, oggi in televisione si vedono sempre più modelle obese, ma i gusti delle persone non sono cambiati: ad esempio, Victoria's Secret ha registrato un crollo del valore di mercato superiore all’80% dopo aver abbandonato il suo storico modello estetico (fonte).
🧠 Conclusione: il rispetto non si impone, si conquista
Difendere il diritto a essere rispettati non significa pretendere che la realtà si adatti ai nostri desideri. Se una persona non vuole cambiare abitudini alimentari, è libera di farlo. Ma non può pretendere che il mondo intero
❓ Domande frequenti
Perché alcune persone considerano la dieta offensiva?
Perché la associano a pressioni sociali, standard estetici irrealistici e discriminazione verso i corpi non conformi.
Distruggere le bilance è un gesto simbolico?
Sì, ma per molti è anche un gesto ideologico che rifiuta il concetto stesso di monitoraggio del peso come parametro di salute.
Parlare di perdita di peso è davvero hate speech?
No. Parlare di salute, alimentazione e benessere non è odio: è informazione. L’intento e il contesto fanno la differenza.