Charles Kinsey: la polizia spara a un uomo disarmato con le mani alzate

Quando la paura spara prima del pensiero: il caso Charles Kinsey e la gestione delle disabilità da parte della polizia

Nel 2016, a North Miami, un terapista comportamentale afroamericano è stato colpito da un proiettile mentre cercava di proteggere un paziente autistico seduto in mezzo alla strada con un camion giocattolo. Il terapista era sdraiato a terra, mani alzate, urlava agli agenti che nessuno era armato. Ma un colpo è partito lo stesso.

Questa storia, per fortuna, non è finita in tragedia. Ma resta un simbolo inquietante di quanto la paura, l’addestramento inadeguato e i pregiudizi possano trasformare una situazione gestibile in un incubo. E ci dice molto su come la polizia americana — e non solo — sia spesso impreparata ad affrontare situazioni che coinvolgono persone con disabilità mentali.

🧩 Il fatto: un terapista, un ragazzo autistico e un colpo di fucile d'assalto

Il 18 luglio 2016, Charles Kinsey, terapista comportamentale afroamericano, stava cercando di riportare all’interno della struttura un paziente autistico non verbale di 23 anni, Arnaldo Rios Soto, che si era allontanato e si era seduto in mezzo alla strada giocando con un camion giocattolo.

Kinsey si è seduto accanto a lui, cercando di calmarlo. Quando è arrivata la polizia, ha alzato le mani, si è identificato come operatore sanitario e ha urlato agli agenti che il ragazzo non era armato. Nonostante ciò, un agente SWAT, Jonathan Aledda, ha sparato un colpo di fucile d’assalto, colpendo Kinsey alla gamba. Kinsey, ancora a terra con le mani alzate, continuava a urlare agli agenti di non sparare.

Il paziente, confuso e spaventato, ha continuato a giocare mentre urlava a Charles di stare zitto. Kinsey, ferito e ammanettato, ha chiesto agli agenti: “Perché avete sparato?”. La risposta dell’agente è stata: “Non lo so”.

Il video registrato da alcuni residenti mostra chiaramente la scena: un uomo disarmato, un ragazzo con disabilità, e una risposta armata sproporzionata. Un caso che ha sollevato interrogativi profondi sull’uso eccessivo della forza da parte della polizia americana.


Charles Kinsey sdraiato a terra con le mani in alto a seguito del colpo di fucile d'assalto della polizia che lo ha colpito alla gamba

🚓 Perché è intervenuta la SWAT?

Il dispiegamento della SWAT nel caso Charles Kinsey non è nato da una valutazione diretta della situazione, ma da una segnalazione errata. La polizia di North Miami aveva ricevuto una chiamata al 911 in cui un passante riferiva di aver visto “un uomo con una pistola che minacciava un altro uomo” in mezzo alla strada. In realtà, si trattava del paziente autistico Arnaldo Rios Soto, seduto per terra con un camion giocattolo in mano, e del suo terapista, Charles Kinsey, che cercava di calmarlo.

La chiamata è stata interpretata come una potenziale crisi con ostaggi, e la situazione è stata classificata come ad alto rischio. Di conseguenza, è stato attivato un protocollo di emergenza che ha portato sul posto 13 agenti, tra cui Jonathan Aledda, membro della squadra SWAT. Aledda, posizionato a oltre 45 metri di distanza, ha dichiarato di aver creduto che il ragazzo stesse minacciando Kinsey con un’arma. Nessun altro agente ha aperto il fuoco.

Questo dettaglio è fondamentale: dimostra come una comunicazione imprecisa, unita a un addestramento inadeguato alla gestione di persone con disabilità, possa trasformare una situazione non violenta in un intervento armato. Invece di avvicinarsi, osservare e comunicare, si è scelto di intervenire con armi d’assalto — e a farne le spese è stato un uomo disarmato che stava solo facendo il suo lavoro.

⚖️ Gli sviluppi giudiziari: condanna e annullamento

  • Nel 2019, Aledda è stato condannato per negligenza colposa e condannato a un anno di libertà vigilata. Tuttavia, nel 2022, la Corte d’Appello della Florida ha annullato la condanna, sostenendo che il giudice aveva impedito alla difesa di presentare prove sull’addestramento ricevuto dall’agente.

    Il risultato? Nessuna pena detentiva e nessuna responsabilità penale definitiva per aver sparato a un uomo disarmato con le mani alzate. Un esito che ha riacceso il dibattito sulla responsabilità degli agenti e sulla necessità di riformare i protocolli di intervento.

🧠 Il vero problema: addestramento e gestione delle disabilità

Il caso Kinsey non è un’eccezione isolata, ma un esempio emblematico di quanto sia urgente migliorare l’addestramento della polizia nei casi che coinvolgono persone con disabilità mentali. Troppo spesso, la mancanza di formazione specifica porta a interpretare comportamenti atipici come minacce.

In contesti simili, servono agenti capaci di riconoscere segnali di autismo, di comunicare in modo efficace e di adottare tecniche di de-escalation. La gestione delle disabilità da parte delle forze dell’ordine non può più essere lasciata all’improvvisazione o alla buona volontà del singolo.

📉 Quando la paura vale più della comunicazione

Il caso Kinsey è diventato virale anche perché è stato filmato da alcuni residenti: si vede l’uomo a terra, il ragazzo con il camion giocattolo, e gli agenti in copertura come se stessero affrontando un terrorista armato.

La domanda che molti si sono fatti — e che resta senza risposta — è: “Perché hanno sparato solo al nero?”

Ma la domanda più profonda è un’altra: Perché non hanno chiesto prima di sparare? Perché non hanno riconosciuto una situazione che, con un minimo di ascolto e competenza, poteva essere risolta senza violenza?

📣 Conclusione: serve una polizia che capisca, non solo che reagisca

Non si tratta di demonizzare la polizia, ma di pretendere che chi ha il potere di usare la forza sia anche formato per riconoscere quando non serve usarla. In un mondo sempre più complesso, dove le disabilità non sono sempre visibili e le situazioni non sono sempre lineari, la preparazione psicologica e relazionale degli agenti è fondamentale.

Sparare a un terapista con le mani alzate non è solo un errore: è un fallimento del sistema. E finché non si affronterà seriamente il tema dell’addestramento della polizia in presenza di persone con disabilità, continueremo a vedere tragedie che potevano essere evitate.

📚 Fonti e approfondimenti


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Fabrizio Leone
Blogger da oltre 15 anni, faccio del mio meglio per diffondere fatti e non fallacie logiche o punti di vista polarizzati e distorti. In Sociologia i media sono definiti "il quarto potere" e a ben donde: le notizie plasmano l'opinione pubblica e molti abusano di questa dinamica.