L’Università di Manchester e l’abolizione dell’applauso: inclusione o assurdità?
Negli ultimi anni, gli studenti dell’Università di Manchester hanno deciso che applaudire è “problematico”. Secondo loro, il rumore e la natura improvvisa di un applauso possono essere fonte di ansia per alcune persone con sensibilità al suono o con disturbi psicologici. La soluzione proposta? Abolire l’applauso e sostituirlo con la jazz hand, ovvero sollevare e agitare le mani in segno di approvazione.
L’assurdità di una nuova “inclusione”
A prima vista, questa decisione sembra un’iper-cautela eccessiva. Da millenni l’applauso è un gesto naturale e universale di consenso. Siamo davvero arrivati al punto di dover eliminare un comportamento che fa parte della cultura umana solo perché qualcuno potrebbe trovarlo fastidioso? E che dire di chi soffre di kinesiofobia – la paura del movimento – e potrebbe essere infastidito proprio dalla jazz hand?
L’espansione del fenomeno
Se pensavi che questa iniziativa fosse confinata a Manchester, ti sbagli. La jazz hand è diventata la norma in molte università anglosassoni, dove gli studenti hanno smesso di applaudire del tutto. A tal punto che i relatori si sentono costretti a spiegare: “Può sembrare che nessuno concordi con me, ma è solo perché stanno facendo la jazz hand.” Una frase che comunica insicurezza più che entusiasmo.
Schiocchi di dita e altre trovate
Un’altra alternativa proposta è lo schiocco delle dita, ma è rimasta poco adottata: forse perché anche questo gesto è rumoroso e quindi “potenzialmente problematico”. Ma resta il fatto che si tratta di studenti, non reduci di guerra con autentici traumi. Possibile che la società moderna sia arrivata al punto di trasformare qualsiasi fastidio in un’emergenza da gestire?
Conclusione: una direzione sbagliata?
L’ossessione per un’inclusione estrema porta a risultati paradossali: anziché creare un ambiente più accogliente, si finisce per censurare gesti spontanei e socialmente radicati. Il dibattito rimane aperto, ma una cosa è certa: siamo di fronte a un eccesso che ridicolizza il concetto stesso di inclusività.