Robot, genere e ideologia: una risposta all’articolo di Laurie Penny

Nel 2016, la giornalista Laurie Penny ha pubblicato su Internazionale un articolo dal titolo provocatorio: “I robot sono lo specchio dello sfruttamento delle donne”. Il testo propone una lettura simbolica e sociopolitica del rapporto tra tecnologia e genere, sostenendo che l’aspetto femminile di molti robot e assistenti digitali rifletta dinamiche di oppressione e stereotipi culturali.

Ma è davvero così? Oppure siamo di fronte a una forzatura ideologica che confonde metafora e realtà?

🧠 Il punto di partenza: robot con voce e volto femminile

Laurie Penny si chiede: “Perché così tanti robot hanno un aspetto femminile?” La risposta, secondo lei, è inquietante: i robot femminili sarebbero progettati per essere sfruttati senza rimorso, proprio come le donne nella società patriarcale.

Ma questa interpretazione ignora una serie di fattori:

  • Scelte di design e marketing: le voci femminili sono percepite come più rassicuranti e accoglienti, idem per l'aspetto. Questo è confermato dallo studio di Narim Zirau del 2021. Credo sarebbe controproducente creare robot che sembrano e hanno la voce del "mostro di Firenze".

  • Preferenze degli utenti: molti assistenti vocali sono personalizzabili, e la scelta del genere è spesso opzionale.

  • Assenza di genere reale: le AI non hanno corpo né identità sessuale, e attribuire loro un genere è una proiezione umana


Fotografia di Laurie Penny

📉 Il caso Tay: un esempio mal interpretato

Penny cita il caso di Tay, il bot di Microsoft che nel 2016 fu ritirato dopo aver imparato comportamenti offensivi dagli utenti di Twitter. Secondo lei, Tay è stata “sessualizzata e sfruttata”.

In realtà:

  • Tay era un esperimento di machine learning, non un assistente sessualizzato

  • Il problema fu l’assenza di filtri e moderazione, non il genere del bot

  • Twitter era nota per essere una piattaforma roccaforte dei liberal, i woke, quindi l'iniziativa è stata sommersa da messaggi ad alto tasso di trolling, indipendentemente dal genere del bersaglio.

🧹 Il lavoro domestico e l’economia invisibile

L’articolo collega la femminilizzazione dei robot al fatto che molte mansioni domestiche sono svolte da donne non retribuite. Ma il salto logico è azzardato: il fatto che un robot possa svolgere compiti di assistenza non implica che sia “una donna digitale” né che perpetui lo sfruttamento femminile.

Altrimenti dovremmo mettere sotto la lente i robot delle fabbriche, che fanno il lavoro che fanno gli uomini. Stranamente questi, sebbene in esistenza da più tempo, non sono mai stati definiti come "sessismo verso gli uomini".

La tecnologia potrebbe semmai liberare le persone da compiti ripetitivi — uomini e donne — e ridistribuire il tempo verso attività più gratificanti. Potrebbe perché oggi con la IA stiamo assistendo all'ennesima massimizzazione dei profitti dei soliti che hanno già profitti stratosferici.

🎬 Fantascienza e realtà: Blade Runner, Ex Machina e oltre

Penny cita film come Blade Runner, Battlestar Galactica e Ex Machina per dimostrare che i robot donna sono spesso vittime di violenza. Tralasciamo il fatto che in Blade Runner non ci sono robot ma replicanti, che sono umani in carne ed ossa ma "bioingegnerizzati", creati cioè artificialmente, e che il protagonista ha una relazione con una di loro e non la violenta affatto.

Confondere la narrativa cinematografica con la realtà sociale è rischioso. I film sono allegorie, non documentari. E la violenza rappresentata è spesso una critica, non una normalizzazione.

⚖️ Il problema non è il genere dei robot, ma il modo in cui li vedono

Analizzando l'articolo ho trovato non solo numerosissime forzature, ma anche numerose interpretazioni frutto di ignoranza totale, come il caso dei replicanti. Dare peso ad un punto di vista così fallace e parziale è più sbagliato delle conclusioni di Penny stessa.

La vera domanda dovrebbe essere: come progettiamo e interagiamo con le tecnologie?

  • Se le AI sono servizievoli, è perché sono pensate per esserlo — non perché “sono donne”: Cosa succederebbe se rivolgendosi al sistema di domotica questo rispondesse male e non eseguisse l'ordine di aprirti la porta? DEVONO essere servizievoli, altrimenti è meglio non siano implementati affatto.

  • Se le voci femminili sono più diffuse, è perché sono percepite come più empatiche — non perché si voglia replicare uno schema di sottomissione. Fra l'altro continuano a parlare di un sistema che le sottomette quando sono libere di fare quello che vogliono, con tanto di giornali autorevoli che danno voce alle loro panzane.

La discriminazione esiste, ma va cercata nei dati, nei processi decisionali, nei bias algoritmici, non nel timbro vocale di un assistente digitale.

Lurie Penny è anche autrice di un articolo in cui definisce "i capelli lunghi" come un retaggio patriarcale, dettaglio importante quando si va a leggere questo articolo scritto di mio pugno: Le emoji sono sessite? Perché secondo una campagna "sensibilizzatrice" le emoji lo sono perché non mostrano i capelli lunghi femminili. Un cortocircuito anche più grosso di questo sui robot.

📚 Fonti e approfondimenti

FAQ

I robot femminili sono davvero simbolo di oppressione?

No. L’aspetto femminile di molti robot è spesso una scelta di design basata su preferenze di interazione. Attribuire loro un ruolo simbolico di “donne digitali sfruttate” è una lettura ideologica, non una realtà tecnologica.

Perché le AI hanno voci femminili?

Le voci femminili sono percepite come più rassicuranti, empatiche e accessibili. È una scelta commerciale e psicologica, non una forma di sessismo. In molti casi, l’utente può scegliere il genere della voce.

La fantascienza riflette la realtà sociale?

La fantascienza può offrire spunti di riflessione, ma non va confusa con la realtà. I robot nei film sono spesso metafore, e le dinamiche di genere rappresentate non corrispondono necessariamente al mondo reale.

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Fabrizio Leone
Blogger da oltre 15 anni, faccio del mio meglio per diffondere fatti e non fallacie logiche o punti di vista polarizzati e distorti. In Sociologia i media sono definiti "il quarto potere" e a ben donde: le notizie plasmano l'opinione pubblica e molti abusano di questa dinamica.