Contattare gli alieni è sessista? La placca della Pioneer e il delirio della rappresentazione cosmica

Nel 1972, mentre il mondo si abituava alle zeppe, ai baffi e ai pantaloni a zampa, la NASA decide di dire “ciao” all’universo con la placca della Pioneer 10: una lastra d’alluminio dorato che raffigura un uomo nudo che saluta e una donna nuda che… sta lì.

Fast forward: nel 2015 una filosofa e politologa chiamata Jill Stuart analizza quel messaggio e lo definisce “sessista, razzializzato e problematico”. Motivo? L’uomo saluta, la donna no. Quindi, secondo questa lettura, l’uomo è dominante. E sono entrambi bianchi — perché ovviamente il sole color oro, essendo giallo, è maschio, patriarca e forse anche evasore.

🤹 La galassia delle contraddizioni

Immagina una specie aliena che riceve quel segnale. Zero contesto culturale. Zero concetti di genere. Zero conoscenza della Terra. Nessuna idea di cosa siano le vacanze a Rimini, i talk show, l’Eurovision o le polemiche da divano su Twitter.

Cosa capirà?

“Specie bipede. Parla col braccio. Emana rumori e vapori. Non va toccata.”

Fine.

Ma sulla Terra, ovviamente, ci siamo superati:

  • Il saluto del maschio? “Machista”, aggressivo, patriarcale

  • La donna che non saluta? “Sottomessa”, relegata sullo sfondo

  • Il fatto che siano entrambi stilizzati? “Rappresentano solo i bianchi privilegiati”

  • Il disegno neutro? “Ignora le tipicità dei corpi — forse anche quelle con tre braccia e tentacoli”

  • Il gesto di pace? “Una microaggressione intergalattica”

  • L’assenza di simboli culturali? “Un’offesa al multiculturalismo cosmico”

Siamo arrivati al punto che due figure nude, senza volto, senza colore, incise su una lastra metallica lanciata nello spazio 50 anni fa, vengono lette come un manifesto del colonialismo etnico-galattico. Non è un episodio di Rick and Morty. È una conferenza scientifica con badge, accrediti e seggiole scomode.

E certo, qualcuno avrà pensato: “Potevamo almeno disegnarli con gli occhi a mandorla per rispettare l'Asia o con nasi larghi per rappresentare l’Africa.” Ma la domanda vera è: che diavolo gliene frega agli alieni, se non hanno idea di cosa siano le razze umane, né il concetto stesso di razza? Magari comunicano con colori. O feromoni. O con raggi di luce. E noi ci stiamo chiedendo se la posizione del braccio di un bipede inciso su una placca sia “oppressiva”?

Vogliamo vedere la placca? Eccola:

Immagine della placca Pioneer 10 spedita nello spazio per comunicare con eventuali alieni

📏 Anatomia della placca, e del delirio

Il disegno è schematico, geometrico, pensato per essere decifrabile da entità che non hanno occhi, cultura, religione, Twitter, né la minima idea di cosa sia un talk show o un hashtag. La placca della Pioneer 10 non è un manifesto ideologico: è un tentativo disperato di comunicare con chi non sa nulla di noi, usando solo forme, proporzioni e fisica.

L’uomo saluta non perché “ha deciso di imporsi” — ma perché Carl Sagan voleva mostrare un gesto di buona volontà, qualcosa che potesse essere interpretato come “non siamo ostili”. Inizialmente, Sagan voleva che le due figure si tenessero per mano, ma si rese conto che un alieno avrebbe potuto interpretarli come un’unica creatura a due teste. Quindi optò per separarli e far salutare solo l’uomo, non per dominanza, ma per mostrare l’opponibilità del pollice e la mobilità degli arti. La donna, invece, ha le braccia lungo i fianchi per evitare sovrapposizioni visive e rendere chiaro che il corpo umano è flessibile e indipendente.

Quanto al colore: sono bianchi? No. Sono dorati, incisi su una lastra di alluminio anodizzato. Non hanno pigmenti, etnia, né tratti razziali definiti. Sagan cercò persino di rendere le figure “panrazziali”, dando alla donna occhi con piega epicantica e all’uomo labbra più spesse e capelli ricci stile afro, ma questi dettagli furono semplificati o rimossi per evitare che NASA bocciasse il progetto.

Insomma, per un alieno potrebbero sembrare:

“Due appendici bipedi. Uno emette segnale con l’arto. L’altro è in standby. Entrambi compatibili con il metallo. Nessuna minaccia rilevata.”

Ma per alcuni terrestri, invece, è:

“Maschio bianco dominante che saluta con fare da padrone, mentre la donna è relegata in posizione passiva, sottomessa e invisibile.”

E così, un gesto di pace viene descritto come un atto di oppressione cosmica. Una placca pensata per comunicare con civiltà avanzate viene letta come un pamphlet del patriarcato interstellare. E il fatto che sia stata disegnata da Linda Salzman Sagan, artista e coautrice del progetto, non basta a placare la furia del fraintendimento.

🧠 Considerazioni finali

La polemica sulla Pioneer non è solo assurda: è la sublimazione della paranoia culturale e dei deliri politicamente corretti odierni. Abbiamo scoperto l’universo, e invece di mandargli un segno di pace questa gente si interroga perché non abbiamo disegnato africani obesi o asiatici alti due metri per "inclusività". A questo punto, il prossimo messaggio dovrebbe essere:

“Salve alieni. Prima di interagire, vi chiediamo di firmare il consenso GDPR, il modulo DEI (Diversità, Equità, Inclusione) e una liberatoria contro le microaggressioni.”

Se vi offendete, non è colpa nostra: è il patriarcato spaziale.

🔍 Fonti e approfondimenti

La mia foto
Fabrizio Leone
Blogger da oltre 15 anni, faccio del mio meglio per diffondere fatti e non fallacie logiche o punti di vista polarizzati e distorti. In Sociologia i media sono definiti "il quarto potere" e a ben donde: le notizie plasmano l'opinione pubblica e molti abusano di questa dinamica.