Nel 2025 il settore vegano è ancora una nicchia, ma rimane una nicchia estremamente redditizia. I prodotti plant-based continuano a essere venduti a prezzi elevati, nonostante i costi di produzione spesso inferiori rispetto alle controparti animali. E mentre alcuni consumatori vegani si sono resi conto di chi c’è dietro le etichette, altri continuano a finanziare — inconsapevolmente — le stesse aziende che producono carne, latticini e derivati.
💸 Costi bassi, prezzi alti: il paradosso del vegano da scaffale
Secondo Torrinomedica, i costi di produzione dei prodotti vegani variano, ma in molti casi sono inferiori rispetto a quelli tradizionali:
Le materie prime come legumi, cereali e soia sono economiche e stabili (sulla soia ho un articolo dedicato)
I processi industriali come l’estrusione e la fermentazione sono ottimizzati e scalabili
Le certificazioni vegan costano, ma sono ammortizzate facilmente
Il packaging sostenibile è più caro, ma fa da leva di marketing
Eppure, i prezzi finali restano esageratamente alti. Nel volantino Lidl di gennaio 2025, una pizza margherita vegana costa 1,99 € per 380g, mentre sticks e tortine vegane superano i 2,49 €. Prodotti simili, ma non vegani, costano spesso meno della metà.
🧠 Il vegano è una nicchia, ma è la più redditizia
Il mercato italiano vale 641 milioni di euro, con una crescita annua del 31%. I consumatori vegani sono solo il 2,4% della popolazione, ma:
Spendono di più per prodotti “etici”
Sono fidelizzati e disposti a pagare sovrapprezzi
Comprano anche cosmetici, moda e detergenti certificati
In pratica, sono la fetta di mercato più facile da spremere. Lo sappiamo noi (Materassi vegani al doppio del prezzo, scarpe a 300 euro e bacche di goji a 33 euro al kg) e lo sanno le aziende.
🧨 Il grande inganno: prodotti vegani venduti da aziende onnivore
Come già denunciato nel mio libro L’Inganno Animalista, molte aziende che vendono prodotti vegani sono le stesse che producono carne e derivati:
Kioene è associata ad Assocarni
Il latte di soia è quasi sempre contaminato da proteine del latte
Le linee “vegan” sono solo segmenti di marketing all’interno di multinazionali onnivore
Il consumatore vegano crede di “lottare contro il sistema” comprando burger vegetali nello stesso supermercato che vende affettati e cuoio. Ma in realtà finanzia il sistema esattamente come tutti gli altri. Anzi visti i margini, li sta foraggiando ben più di chiunque altro.
🧠 Il vegano etico vs il vegano da marketing
L’unico vegano coerente è quello che non consuma prodotti di origine animale per scelta personale. Tutto il resto è marketing travestito da etica. E quando il marketing prende il sopravvento, succede questo. Poi cascano dal pero.
Totalmente ignaro, o meglio ha voluto ignorare, che la sua provocazione era in realtà la sua triste condizione reale.
📌 Conclusione personale
Il vegano è diventato un brand, non una scelta. E mentre i consumatori si illudono di cambiare il mondo con la “crudella” e il tofu al tartufo, le aziende contano i profitti. Il mondo non si sta veganizzando — si sta veganizzando il marketing.
Forse è anche per questo motivo che il veganismo è passato dall'essere reazionario, violento e rampante a quello di oggi, silenzioso e meno aggressivo.
E se tra dieci anni il vegano sarà un ricordo, il marketing lo avrà già fagocitato e reinventato — magari in salsa “climatariana”.