Colorado Springs: l’attacco “pro vita” che tradisce la vita stessa

La notizia ha fatto rapidamente il giro del mondo: un uomo armato ha fatto irruzione in una clinica di Colorado Springs, sequestrando le persone all’interno e sparando contro le forze dell’ordine. Il tragico bilancio: tre vittime e undici feriti. Una scena da incubo. Ma ciò che lascia sgomenti è la motivazione dell’aggressore — si dichiarava “pro vita”.

L’obiettivo del suo attacco? Una struttura sanitaria dove, tra le tante attività mediche, si praticano anche aborti. Interventi previsti dalla legge, regolati da protocolli precisi e da tempi gestionali. Ma per l’attentatore, quella clinica era la personificazione del male.

L'assurdo paradosso dell’odio travestito da difesa della vita

Come può un individuo che si definisce "pro vita" togliere la vita ad altre persone? La contraddizione è feroce, disarmante. In nome di un ideale che dovrebbe tutelare la vita — o almeno così si proclama — si compie un gesto omicida, violento, irreparabile.

Questo è il frutto avvelenato del fanatismo, quello che deforma il pensiero critico e trasforma la propaganda in licenza di nuocere. Non si difende un embrione sopprimendo esseri umani cresciuti, con famiglie, relazioni, identità. Il fanatismo non salva vite: le distrugge. Questo episodio ne è la prova lampante.


La contraddizione di un pro vita assassino

Tra odio, malinformazione e ideologia estrema

Dietro gesti così estremi spesso si celano anni di cattiva informazione, manipolazione ideologica, incitamento all’odio. A volte, purtroppo, anche disturbi mentali non trattati, che trovano terreno fertile nell’eco amplificata delle frange estremiste. Ma è importante fare chiarezza: non si può confondere la malattia psichiatrica con l’odio ideologico. Lo stigma non aiuta, anzi, peggiora il dibattito.

Il dovere civile di smascherare la propaganda violenta

Viviamo in un’epoca dove l’odio è usato come leva, come strumento per polarizzare il pensiero e forzare posizioni. Certi discorsi radicali, vestiti da battaglie morali, sono in realtà armi retoriche per imporre visioni parziali e intolleranti. E quando l’intolleranza viene accesa, la tragedia è dietro l’angolo.

Non possiamo più permetterci di semplificare i temi complessi in dicotomie tossiche, né possiamo ignorare il peso delle parole che si pronunciano. La storia ci ha già mostrato dove si finisce se l’odio prende il sopravvento. E chi usa la vita come scudo per imporre la propria ideologia, ne cancella il significato più profondo.

Ritorniamo a pensare, non a reagire.

Diamoci una calmata. Torniamo a ragionare sulle cose senza la fretta imposta dai social, senza il bisogno di schierarci come se fossimo in guerra.

I media spesso alimentano la divisione, ma noi cittadini abbiamo il potere di invertire la rotta nel quotidiano: parlando, ascoltando, e smettendo di identificare ogni dissenso come minaccia. Prima dei social network si viveva e si discuteva con maggiore profondità. Forse è tempo di recuperare quel tipo di dialogo.

I social non sono il nemico. Sono uno strumento. Il vero problema è l’uso strumentale che ne fanno quelli che guadagnano sulla polarizzazione e sul rancore.

Smettiamo di fare il loro gioco. Se alimentiamo solo rabbia e separazione, perdiamo tutti. Sempre.

Fonti e approfondimenti:

CNN: sparatoria di Colorado Springs

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Fabrizio Leone
Blogger da oltre 15 anni, faccio del mio meglio per diffondere fatti e non fallacie logiche o punti di vista polarizzati e distorti. In Sociologia i media sono definiti "il quarto potere" e a ben donde: le notizie plasmano l'opinione pubblica e molti abusano di questa dinamica.