Doppi standard sulla violenza: quando i media cambiano la narrazione
L'incoerenza nel giudicare la violenza: due casi emblematici
Negli ultimi giorni, alcuni episodi di violenza gratuita hanno sollevato polemiche per il modo in cui sono stati trattati dai media. Due casi distinti, ma accomunati da una narrazione selettiva, evidenziano come il giudizio sulla violenza possa dipendere più da chi la compie che dall'atto in sé.
Caso 1: Il pugno al ragazzo per un balletto
In un video diventato virale, si vede un giovane in fila al bancomat che esegue un noto balletto del videogioco Fortnite mentre aspetta. Un comportamento innocuo, privo di aggressività o provocazione. Eppure, la ragazza davanti a lui si volta improvvisamente e gli sferrà un violento pugno in pieno volto, seguito da un colpo di avambraccio e ulteriori minacce, lasciando il ragazzo incredulo e immobile contro il muro.
La reazione dei media? Il Corriere della Sera pubblica il video descrivendo l'azione come “difesa”. Ma di cosa si sarebbe difesa la ragazza? Il giovane non ha mai mostrato alcun comportamento intimidatorio o molesto. Un gesto di violenza totalmente gratuita viene quindi giustificato per il solo fatto che la persona colpita è un uomo.
Caso 2: Il calcio rotante contro un'attivista anti-aborto
Il giorno successivo, un altro video racconta una scena completamente diversa ma con una reazione mediatica altrettanto incoerente. Durante una manifestazione a Toronto, una persona sta dialogando pacificamente con un'attivista pro-aborto. Quando l’uomo comprende che sta parlando con un’antiabortista, la sua reazione diventa improvvisamente aggressiva: sferrando un calcio rotante in pieno viso, la stende a terra senza alcun motivo.
Questa volta, Il Corriere presenta il video con una descrizione neutra: “Stende con un calcio attivista anti-aborto”. Nessuna parola di condanna, nessun accenno all’aggressione, nessuna enfasi sulla brutalità dell’atto. L'uomo, che agisce in modo violento senza provocazione, non viene dipinto come aggressore, ma la sua azione viene quasi normalizzata.
Doppi standard e discriminazione ideologica
La disparità di trattamento tra i due episodi solleva interrogativi sulla coerenza etica nel giudicare la violenza. Quando la vittima è percepita come “nemica”, la violenza viene tollerata o addirittura giustificata.
Le regole distorte della narrazione mediatica
Alla luce di questi episodi, emerge una sorta di schema:
Se una donna picchia un uomo, si difende.
Se un uomo picchia una donna, ha sempre torto.
Se un uomo picchia una donna perché ha idee diverse dalle sue, dipende dalle sue idee.
Questo fenomeno, che porta a giustificare o minimizzare la violenza in base all’identità dell’aggressore e della vittima, crea un precedente pericoloso. Una società che si abitua a questi doppi standard rischia di legittimare atti di aggressione non sulla base della morale, ma dell'ideologia.
Conclusione
La violenza, in qualunque forma si presenti, dovrebbe essere condannata senza esitazione. I media hanno la responsabilità di mantenere un criterio di giudizio uniforme, senza alimentare discriminazioni ideologiche che finiscono per normalizzare comportamenti ingiustificabili.