Sessismo o scudo ideologico? Quando la critica viene zittita con l’etichetta sbagliata

Cos’è davvero il sessismo? E quando una critica politica diventa discriminazione? In un’epoca in cui ogni parola può essere etichettata, distinguere tra offesa, satira e sessismo è più urgente che mai.
Nel 2016, Matteo Salvini salì su un palco con una bambola gonfiabile e la presentò come “la sosia della Boldrini”. Il gesto fu volgare, offensivo e politicamente indegno. Ma ciò che colpì fu la reazione pubblica: più che condannare l’atto per ciò che era — una provocazione becera — si trasformò in un’accusa di sessismo.

Ma davvero ogni attacco a una donna pubblica è automaticamente un attacco al suo genere?

⚖️ Quando la critica diventa “sessismo” (anche se non lo è)

L'individuazione del sessismo è uno strumento importante per difendere la dignità e l’uguaglianza delle persone. Ma quando viene usata in modo indiscriminato, rischia di diventare un’arma ideologica. Nel caso Salvini–Boldrini, il gesto fu chiaramente offensivo. Ma era davvero un esempio di discriminazione sessuale? O si trattava di un attacco politico, per quanto becero, rivolto a una figura pubblica?

Confondere la critica — anche aspra — con il sessismo significa spostare il dibattito su un piano emotivo e ideologico, dove ogni dissenso può essere bollato come discriminazione. È un meccanismo che mina la libertà di critica e rende più difficile distinguere tra satira politica e veri episodi di sessismo.


Salvini mostra bambola gonfiabile sul palco: il caso Boldrini e le accuse di sessismo" title="Il caso Salvini-Boldrini: satira politica o sessismo?

🧠 Il rischio del “sessismo selettivo”

Quando un uomo viene insultato per il suo aspetto fisico o per stereotipi legati alla mascolinità, raramente si parla di sessismo contro gli uomini. Eppure, nel linguaggio politico e mediatico, espressioni come “microdotato”, “fallo che cammina” o “inutile maschio bianco” sono diventate quasi accettabili.

Questo doppio standard nel dibattito pubblico crea un clima in cui la libertà di espressione è condizionata dal genere dell’interlocutore. E chi osa criticare una donna pubblica rischia di essere accusato di sessismo, anche quando la critica riguarda idee, comportamenti o scelte politiche.

🧱 Criticare non è odiare

Criticare una donna non è automaticamente un atto sessista. Lo diventa solo quando la critica si basa sul genere, sull’aspetto fisico o su stereotipi sessuali. Ma se si contesta una posizione politica, un’idea o un comportamento — anche in modo duro — si sta esercitando un diritto democratico, non perpetuando una discriminazione.

La libertà di critica e il rispetto per le persone possono coesistere. Ma per farlo, è necessario distinguere tra attacchi personali e veri episodi di sessismo. Altrimenti, si rischia di banalizzare la lotta per l’uguaglianza e di trasformare ogni dissenso in un reato morale.

📣 Conclusione: il vero sessismo si combatte, non si banalizza

L’abuso dell’accusa di sessismo non aiuta la causa dell’uguaglianza. La indebolisce. Perché se tutto è sessismo, allora nulla lo è davvero.

La vera parità si costruisce anche accettando che le donne, come gli uomini, possano essere criticate, contestate, persino derise — senza che questo diventi automaticamente un crimine ideologico.

Perché il rispetto non si misura nel silenzio degli altri, ma nella forza delle proprie idee.


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Fabrizio Leone
Blogger da oltre 15 anni, faccio del mio meglio per diffondere fatti e non fallacie logiche o punti di vista polarizzati e distorti. In Sociologia i media sono definiti "il quarto potere" e a ben donde: le notizie plasmano l'opinione pubblica e molti abusano di questa dinamica.