“Esiste la lobby dei petrolieri e quella degli ambientalisti, quella dei malati di cancro e quella degli inceneritori.”
Una frase che, a distanza di anni, continua a far discutere. Non solo per l’infelice accostamento, ma per ciò che rivela: una visione semplificata e pericolosa del concetto di “interesse collettivo”. E sì, anche per l’incapacità — ancora oggi diffusa — di usare le parole con responsabilità, soprattutto quando si parla di malattia.
🧠 Ma i malati di cancro sono una lobby?
La domanda si pone da sé. Cosa significa definire “lobby” un gruppo di persone che combatte ogni giorno per sopravvivere? I malati oncologici non sono un gruppo di pressione organizzato con risorse economiche e strategie di influenza. Sono cittadini che chiedono cure, dignità, ascolto. Parlare di “lobby dei malati di cancro” è stato non solo un errore comunicativo, ma un’offesa a chi soffre.
E no, non esiste uno “sciopero della chemio” come forma di pressione politica. Chi ha vissuto o accompagnato qualcuno in quel percorso sa bene che l’unica pressione che si sente è quella del tempo che manca.
🔍 Il problema non è solo Di Maio: è la retorica populista
Quella frase non è un caso isolato. È figlia di una retorica che divide il mondo in “puri” e “corrotti”, in “noi” e “loro”, in “popolo” e “élite”. Una narrazione che funziona bene sui social, ma che si sbriciola quando incontra la complessità della realtà.
In quello schema, i malati diventano “buoni” solo se contrapposti a un “cattivo” — in quel caso, gli inceneritori. Ma anche qui, la semplificazione è pericolosa: gli inceneritori, se progettati e gestiti correttamente, possono essere strumenti utili nella gestione dei rifiuti. E le lobby ambientaliste, come tutte le lobby, possono avere luci e ombre.
👉 Il vero problema non è l’esistenza delle lobby, ma la mancanza di trasparenza e regole chiare nel loro rapporto con la politica.
📉 Quando le scuse peggiorano il danno
Dopo le polemiche, Di Maio provò a correggere il tiro parlando di “strumentalizzazione” da parte degli avversari politici. Ma anche qui, il danno era fatto. Quando si chiede scusa, lo si fa senza condizioni. Non si dice “scusate, ma...”.
Quell’episodio è diventato un caso di scuola su come una comunicazione sbagliata possa oscurare anche un messaggio potenzialmente valido. Parlare di lobbying in Italia è necessario. Ma serve farlo con precisione, rispetto e consapevolezza.
🧩 Perché questo episodio è ancora attuale?
Perché oggi, nel 2025, il rapporto tra politica, comunicazione e salute pubblica è più delicato che mai. Abbiamo visto cosa succede quando si banalizzano i temi sanitari, quando si usano le malattie come argomento di scontro, quando si parla di “interessi” senza distinguere tra chi cerca profitto e chi cerca sopravvivenza.
E soprattutto, perché il linguaggio politico continua a essere usato come arma, spesso senza pensare alle conseguenze.
📣 Conclusione: le parole contano. Sempre.
Definire “lobby” i malati di cancro è stato un errore grave. Ma più grave ancora è non aver imparato nulla da quell’errore. La politica ha il dovere di rappresentare, non di semplificare. Di ascoltare, non di etichettare. Di parlare con precisione, soprattutto quando si tratta di salute, dolore e dignità.
Perché le parole non sono mai neutre. Possono curare, ma possono anche ferire. E quando vengono da chi ha potere, fanno ancora più male.
📚 Fonti e approfondimenti
- Il Fatto Quotidiano: Di Maio e la lobby dei malati di cancro (articolo successivamente rimosso)