Corrado Augias e il caso Fortuna: polemiche su una frase decontestualizzata

🧠 Quando il contesto sparisce, resta solo il forcone

Nel 2016, Corrado Augias commentò in una trasmissione televisiva il caso di Fortuna Loffredo, la bambina di sei anni abusata e uccisa a Caivano. Guardando una sua fotografia, disse:

“Questa è una bambina che a 5-6 anni si atteggia come se ne avesse 16-18. Questo stridore mi fa capire che anche lì si erano un po’ persi i punti di riferimento.”

Bastò quella frase — estrapolata, decontestualizzata, amplificata — per scatenare il rogo mediatico. Accuse di colpevolizzazione della vittima, insulti, richieste di censura. Il padre della bambina denunciò Augias per diffamazione. Alcune femministe radicali lo definirono “maschio bianco”, come se l’anatomia fosse un argomento, non un dato anagrafico.

Ma chi ha davvero ascoltato cosa ha detto? Augias non ha mai attribuito la colpa alla bambina. Non ha giustificato gli orrori subiti. Ha parlato di un contesto distorto — di una comunità che sapeva e taceva, di una bambina che si comportava come un’adulta, e che proprio per questo avrebbe dovuto allarmare chi le stava intorno.

Certo, la frase poteva suonare maldestra. Ma l’intento era chiaro: evidenziare un segnale del degrado ambientale, non spostare la colpa sulla vittima. Ha condannato il crimine, non cercato scuse. Eppure, nel paese dell’indignazione a comando, basta una mezza frase — e il forcone è già puntato.

🔥 Il paese delle polemiche e dell’indignazione a comando

Al forcaiolo medio non interessa capire quello che legge o sente. L'umanità che si nutre di indignazione e scrolla il feed in cerca di bersagli non cerca di capire, cerca "l'estasi" dell'indignazione. Serve solo una frase ambigua, un nome noto, e il rogo è pronto. Perché non si cerca verità, si cerca sfogo. E se nel frattempo si calpesta la complessità, pazienza, l'ebrezza di sentirsi superiori viene prima di tutto.

Non per nulla l'indignazione ormai è lo sport nazionale, non solo sul web.
In tutto questo la verità affoga, le opinioni si polarizzano e successivamente si fanno figuracce:

Fotografia di Corrado Augias

📣 Augias si difende (con lucidità)

In un articolo su La Repubblica, Augias spiegò il senso delle sue parole:

“La foto racchiudeva lo strazio di ogni infanzia interrotta per fretta, ingenuo desiderio di rivalsa. Nessun adulto ha denunciato l’orco, solo altri bambini.”

Ha parlato di pubblicità, di moda, di come l’infanzia venga strumentalizzata e accelerata. Ha citato JonBenét Ramsey, ha evocato Visconti e Joyce Carol Oates. Ha fatto cultura, non provocazione.

Come chiunque si sia soffermato un secondo a leggere l'intervista aveva già capito.

🧭 Una riflessione che oggi pesa ancora di più

Nel 2025, la cultura della cancellazione è diventata sistema. Si zittisce, si rimuove, si boicotta. Non si discute. E chi prova a ragionare viene travolto da chi urla più forte. Ma il rogo dei libri, delle parole, delle persone, non è mai progresso. È sempre un passo indietro.

Augias non ha giustificato nulla. Ha cercato di capire. E questo, oggi, è un atto rivoluzionario.

🕯️ Fortuna, undici anni dopo: memoria, dolore e tensioni familiari

Nel 2025 sono passati undici anni dalla morte di Fortuna Loffredo, la bambina di sei anni abusata e uccisa nel Parco Verde di Caivano. E mentre la sua figura resta incancellabile nella memoria collettiva, la sua tomba — fisicamente parlando — è al centro di un dolore ancora non ricomposto.

La madre, Mimma Guardato, oggi residente a Faenza, ha chiesto la traslazione della salma in Emilia-Romagna, dove ha ricostruito parte della propria vita e ha avuto una nuova figlia. Il padre, Pietro Loffredo, si è opposto con forza: per lui, Fortuna deve restare a Caivano, dove ha vissuto e dove la sua assenza pesa ogni giorno. Ha chiesto di costruire una cappella commemorativa, come simbolo pubblico e tangibile di memoria e giustizia.

La decisione è affidata alla commissione straordinaria del Comune, nominata per gestire il post-emergenza a Caivano. Non al commissario governativo.

🗓️ Una giornata per le periferie. E per Fortuna.

A livello istituzionale, qualcosa si è mosso. Il 24 giugno, giorno della morte di Fortuna, è stato scelto per celebrare la Giornata nazionale delle periferie urbane, introdotta con la legge n.170/2024. Una ricorrenza che vuole portare attenzione su quelle zone dove troppi bambini vivono in condizioni di degrado, abbandono, silenzio.

Mimma ha detto:

“L’ho desiderata così tanto e me l’hanno ammazzata. Darei la vita per farla ritornare.”

Un dolore che resta. Una figlia che non verrà mai sostituita. Una comunità ancora segnata.

📚 Fonti e approfondimenti

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Fabrizio Leone
Blogger da oltre 15 anni, faccio del mio meglio per diffondere fatti e non fallacie logiche o punti di vista polarizzati e distorti. In Sociologia i media sono definiti "il quarto potere" e a ben donde: le notizie plasmano l'opinione pubblica e molti abusano di questa dinamica.