Glifosato: tra verità scientifica e interessi industriali

Questo articolo è stato scritto inizialmente nel 2015, quando ancora pubblicamente si negava categoricamente la pericolosità del Glifosato, diserbante creato dalla multinazionale Monsanto che dal 2001 è di "libero commercio", insomma il brevetto è scaduto. Vediamo di porre rimedio alla disinformazione a riguardo:

Ideata da Monsanto, protetta da Monsanto

Benché il brevetto sia scaduto nel 2001 e ora è di libera produzione, ergo non è più di Monsanto ma la produce un po' chi vuole, lo zampino della multinazionale ha continuato a rimanere in gioco molto a lungo.

Già fra gli anni 2000-2010 alcuni documenti interni di Monsanto, tenuti strettamente segreti ma emersi durante delle cause giudiziarie, suggerivano un collegamento fra il glifosato, un diserbante molto economico e di facile utilizzo, e l'aumento di incidenza di tumori. Collegamento ancora oggi oggetto di studio.

Forti del loro potere economico hanno influenzato la "reputazione" dei loro prodotti con studi scientifici loro favorevoli, che stranamente ignoravano o sottostimavano i danni, o non si studiava affatto.
Alcuni erano "shadow studies", in pratica si preparavano gli studi da soli e applicavano i nomi di ricercatori compiacenti. 
Le loro pressioni lobbystiche su EFSA, EPA e vari legislatori hanno completato il quadro.

Questo intreccio di pressioni scientifiche, mediatiche e politiche ha contribuito a oscurare per decenni la ricerca sulla dannosità del glifosato:

Considerato cancerogeno dal OMS

Nel 2015 il Glifosato è stato inserito nel gruppo 2A del IARC. Il gruppo "probabilmente cancerogeno per l'uomo", basandosi sugli studi disponibili all'epoca, circa mille, fra cui i tanti messi in discussione visto il conflitto di interessi emerso con la Monsanto.

Oggi, nel 2025, lo studio dell'Istituto Ramazzini, pubblicato su Enviromental Health, ha cercato di mettere in chiaro i reali rischi dell'esposizione ai glifosati, ma anche questo è stato oggetto di critiche metodologiche. Nonostante questo ha riacceso l'interesse delle autorità nei confronti del diserbante.

Questa ricerca, ha controllato gli effetti del glifosato sulla salute dei ratti, sin dal periodo prenatale fino alla vecchiaia, anche con dosaggi considerati finora sicuri, registrando un sensibile aumento di incidenza di tumori benigni e maligni in fegato, tiroide, ovaie, seno, sistema nervoso, milza e vescica.

Altri effetti negativi registrati sono la neurotossicità, interferenza endocrina, trasferimento da madre a feto (con alterazioni genetiche, ormonali e tumorali sul nascituro), tossicità d'organo con sviluppo di tumori e anomalie cellulari anche a basse dosi.

Per questo la questione deve essere approfondita.

Veleno che arriva nei nostri piatti?

Questa era la paura principale dell'epoca, che era stata liquidata perché ci sentivamo sicuri dei controlli sulla qualità dei cibi che si conducono in Italia.

Certo, i residui di glifosati che si registravano negli alimenti erano bassi, a norma di legge, il problema è che la legge era stata scritta basandosi su studi che in parte erano stati viziati dall'intervento della Monsanto, quindi oggi i dubbi sono stati riaccesi:
I glifosati sono stati trovati in legumi, farine, vino e perfino birra.


Le autorità come EFSA e EPA stanno valutando di abbassare questi limiti di residui consentiti negli alimenti, anche se hanno autorizzato il suo utilizzo per altri 10 anni, segno che ancora non lo considerano troppo pericoloso.

Il diserbante più usato in Italia (e nel mondo)

Nonostante le voci di dissenso che si sono rincorse per anni, e le recenti accuse, il glifosato è il diserbante più usato in Italia ancora nel 2025.

Si degrada in fretta, non penetra oltre 20 centimetri nel terreno, non costringe ad arare in profondità, è facile da usare e i contadini lo ritengono economico. Per questo la sua diffusione è capillare:

Viene usato non solo nell'agricoltura, ma anche in parchi, giardini, verde pubblico e persino per evitare che cresca l'erba nei centri urbani.

Alcuni incentivi cone L'ecoschema 4 puntano a limitare l'uso di fitofarmaci e diserbanti, fra cui ovviamente il glifosato, su coltivazioni leguminose e foraggere (le permette su colture da rinnovo però) ma si tratta di un piano volontario incentivato con contributi economici, non un obbligo di legge. Seppur vincolante per chi lo adotta, non rimane una misura universalmente adottata.

Il rischio principale rimane sempre per i contadini che lo impiegano, se esposti a massicce quantità di questo diserbante.

La scienza ha messo il tarlo. Ora tocca alla politica e alla coscienza collettiva decidere se continuare a ignorare o agire per verificare se avevano ragione.

Articolo (ormai eliminato) di Beppe Grillo del 2015

Fonti e approfondimenti

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Fabrizio Leone
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