Monti e l'articolo 18

Sta scoppiando una grande polemica attorno alle dichiarazioni di Monti e la volontà di rivedere l'articolo 18.
Alcune cose che dice sono anche giuste, altre sono da condannare, ma vediamo come stanno le cose:

Il posto fisso viene a noia:
Questa a parer mio è una grandissima bestemmia... potrebbe essere condivisibile in un mondo dove lasci un lavoro e dopo un'ora ne hai trovato un altro, dove i lavoratori sono pagati decentemente (o per lo meno pagati) e non sei vessato in continuazione da limiti di età (troppo giovane o troppo vecchio) esperienza (5 anni di esperienza e 20 anni di età...) e altre amenità varie.
Il posto fisso da sicurezza, un salario decente e una prospettiva futura migliore.
Se fossimo tutti precari pagati un euro l'ora (e ne ho vista molta di gente a quei livelli) o pagati nulla (in Sardegna ne ho visti parecchi) verrebbero a pisciarci in testa i cani.

Articolo 18 non sia tabù:
Qua il problema è grosso. Se da una parte è pur vero che l'articolo 18 garantisce al lavoratore di non essere cacciato senza motivo, dall'altra c'è sempre chi si aproffitta dei diritti acquisiti per non fare un cazzo: casi di gente in malattia una settimana al mese, che sa che avrà il culo sempre al caldo perchè illicenziabile.
Abolire l'articolo 18 sarebbe giusto se anche gli imprenditori non se ne approffittassero troppo...
Un lavoratore ricattabile non è un lavoratore sereno, e scatterebbe probabilmente lo schiavismo con decine di ore di straordinari non pagati e doppio incarico al prezzo di uno.
Purtroppo in questo paese primitivo ognuno è sempre pronto a metterlo nel deretano del prossimo: sia esso datore di lavoro, collega, vicino o qualcun altro. In questo modo si è finiti nella fossa, e si rischia di non venirne fuori.

Fossilizzazione sul posto di lavoro:
Monti sostiene che fossilizzarsi su un singolo posto di lavoro è deleterio.
In effetti su questo punto ha ragione da vendere.
Che senso ha la cassa integrazione? Che senso ha stipendiare migliaia di persone per non fare nulla, aspettando che riapra la fabbrica?
In questo ambito ci deve essere più flessibilità, è inutile insistere in settori industriali ormai morti.
Ovviamente dietro ci deve essere una grande organizzazione statale, che funziona bene ed efficientemente.
Invece di dare la cassa integrazione per anni a delle persone, lo stato dovrebbe mettere quei soldi per ammodernare una fabbrica, cambiarne destinazione, sostituire i macchinari.
Se per esempio il settore tessile è in crisi, lo stato invece di dare soldi in cassa integrazione dovrebbe dare soldi alle fabbriche in modo che cambino la destinazione della produzione, producendo un bene in quel momento molto richiesto.
Faccio un esempio: prima dell'invenzione dei frigoriferi c'erano le fabbriche di ghiaccio che producevano il refrigerante naturale per le ghiacciaie domestiche (i nonni dei frigoriferi), e degli uomini con un carretto lo distribuivano fra le strade. Una volta inventati i frigoriferi (e preso piede) queste fabbriche sono praticamente sparite tutte, invece con un bel ammodernamento avrebbero potuto fabbricare loro stesse i frigoriferi, e gli uomini con il carretto avrebbero fatto le consegne.
Nessun posto di lavoro perso, nessuna fabbrica abbandonata, nessuno spreco di denaro visto che l'investimento dello stato produce pil (non come migliaia di persone messe a fare nulla).
Ovviamente anche in questo caso la mentalità italiana aiuta poco: le fabbriche potrebbero prendere i soldi e sparire (cosa che succede spesso) o qualche altra bella stronzata.

Insomma, se le idee sulla carta potrebbero essere quasi tutte condivisibili o ponderabili, nella realtà c'è il solito problema della disonestà e egocentrismo dilagante.
Per uscire dalla crisi ci vorrebbe anche un po' di senso civico e del collettivo, meno ignoranza e avarizia.